Regia di Alan Yuen vedi scheda film
Tempesta perfetta.
Due eventi disastrosi stanno per abbattersi sulla città di Hong Kong: il primo è naturale (una tempesta), mentre il secondo è rappresentato da una feroce e determinata banda di rapinatori. All’ispettore Lui Ming-chit spetta l’ingrato compito di provare ad arginare quest'ultimo.
Il film di Yuen si inserisce, veloce come un proiettile, nel filone action asiatico degli anni 2000, più frenetico e “moderno” rispetto ai suo predecessori ma con tutti gli elementi tipici del genere. L’azione, quindi, si fa incontrollata: difficilmente lo spettatore troverà infatti un momento di quiete nel corso delle quasi due ore della durata del film perso tra sparatorie, inseguimenti, esplosioni e cataclismi vari. E queste poche cesure tra un conflitto e l’altro, normalmente tese a definire moralmente il lato motivazionale dei vari personaggi, sono comunque gestite “militarmente”, in un progressivo e quasi insostenibile accumulo di tensione che il regista riesce a gestire quasi sempre senza scadere nel ridicolo involontario. Le sparatorie sono magistralmente coreografate, sfruttando al meglio sia le anguste ambientazioni della tentacolare città asiatica che l’espediente di circoscrivere quasi sempre l’azione all’aperto in spazi (semi)“chiusi” formati da mezzi meccanici, siano esse auto o furgoni, con un effetto “assalto alla carovana” e con continui ribaltamenti di “status” tra aggressori ed assediati.
Tali fasi, vero fulcro della pellicola (tali da giustificare una conversione in 3D in fase di postproduzione, come intuibile dalla ridondanza visiva di alcune sequenze), insieme ad una sceneggiatura scoppiettante e meno banale di quanto possa sembrare (unita al professionale apporto di tutti i protagonisti e comprimari tra i quali Andy Lau, Gordon Lam, e Yao Chen), avrebbero dovuto trovare l’acme nella pirotecnica resa dei conti finale, invece troppo lunga e dispersiva.
Tanto da diluire nell’ovvio di una incessante sparatoria (ricca di ralenty, flashback e di riprese veloci “particolari”) la definizione dei destini di tutti i protagonisti, completando purtroppo mediocremente il quadro di un piacevole, sgangherato ma non sterile esercizio di stile.
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