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Carol

Regia di Todd Haynes vedi scheda film

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La recensione su Carol

di laulilla
7 stelle

 

Agli inizi degli anni ’50, gli effetti della guerra fredda si facevano sentire ovunque negli Stati Uniti, dove una pesante cappa di intolleranza sospettosa sembrava soffocare l’America della libertà e dei diritti individuali. La “caccia alle streghe”maccartista avrebbe messo in forse, di lì a poco, i principi stessi della democrazia in quel paese, ma già nei primi anni del decennio tra il 1950 e il 1960 i cittadini che non si adeguavano ai modelli di comportamento ritenuti socialmente accettabili erano considerati ribelli da tenere d’occhio, permeabili alle suggestioni del comunismo, se non addirittura colpevoli di una qualche collusione col nemico.

Usciva in quel clima, nel 1952, il romanzo The Price of Salt, nel quale la scrittrice Patricia Highsmith (già nota ai lettori americani), celandosi prudentemente dietro lo pseudonimo di Claire Morgan, aveva raccontato una storia d’amore fra due donne, dal quale il regista Todd Haynes ha ricavato questo film, presentandolo all’ultimo festival cinematografico di Cannes e sfiorando la Palma d’oro*.

 

Ambientandola nel 1951, Haynes racconta, con grande finezza analitica, la complessa vicenda dell’amore fra Carol, ricca e bella donna dell’alta borghesia, e Therese, giovanissima aspirante fotografa, che, per il momento,  in attesa di tempi migliori, si accontentava di vivere in un modesto appartamento newyorkese, sbarcando il lunario con lavoretti occasionali. In prossimità del Natale aveva trovato un lavoro precario da venditrice di giocattoli in un grande magazzino: lì era avvenuto l’incontro casuale con Carol, in cerca di un regalo per la sua bambina. La simpatia fra le due era stata immediata, ma non esclusivamente erotica: Carol  era intenerita dalla freschezza ingenua di Therese, a sua volta incantata dal fascino signorile della bella donna elegante, inarrivabile modello, ai suoi occhi, di raffinatezza e di lusso, indizi di una provenienza sociale preclusa a una giovinetta nelle sue condizioni. Entrambe, in verità, erano molto più infelici di quanto apparisse: Carol aveva sposato un uomo che sembrava amarla tanto da accettarne i tradimenti, alla condizione che non insidiassero l’unità familiare di facciata; Therese si era promessa a un giovane che sognava di relegarla nel ruolo dell’angelo del focolare, ignorandone sogni e aspirazioni professionali. L’amore tra loro, dunque, oltre a rispondere al profondo bisogno reciproco di accettare, riconoscendola, la propria diversità sessuale, contiene anche altri elementi: la tenerezza dolce, quasi materna di Carol, e la fascinazione quasi incredula di Therese, ammessa finalmente nei “piani alti”:  le si aprono le suites più prestigiose degli alberghi, i ristoranti più esclusivi, cioè gli ambienti fino a quel momento irraggiungibili, ma mai esclusi dai propri orizzonti.

La loro storia d’amore è però fortemente minacciata: la richiesta di divorzio, presentata dal marito di Carol per colpa grave e acclarata immoralità, le avrebbe sicuramente tolto la figlioletta adorata, ciò che l’aveva indotta a rompere un legame rischioso per sé, ma doloroso per entrambe, nella convinzione che Therese, giovane e dunque in grado di reagire, avrebbe presto ricuperato, insieme alla propria libertà, la possibilità di orientare diversamente il proprio futuro sentimentale. Siamo alle prime scene del film: tutto ciò che segue procede dal flusso dei ricordi di Therese, che ripercorre a ritroso la propria storia d’amore secondo un procedere emotivo ed evocativo dei momenti lieti e di quelli più dolorosi, nei quali la realtà crudele del pregiudizio sociale e del maschilismo più ottuso aveva avuto la meglio sul diritto alla felicità.

 

 

Il racconto è condotto con estrema e raffinata eleganza dall’ottimo regista, che ricostruisce con scrupolo attento, anche nei particolari più minuti, gli ambienti sociali e le atmosfere degli anni ’50, che vengono restituiti anche attraverso la bellissima fotografia leggermente seppiata, come appena ingiallita dal tempo. Allo stesso modo, le scene d’amore, quasi caste, sono rappresentate secondo la sensibilità diffusa all’epoca, assai poco incline ad accettare l’esibizione senza pudori della sessualità. Il film si mantiene dunque all’interno di un tempo soggettivo, scandito dalla memoria e dalle associazioni, sottolineato da una malinconica ed elegiaca tristezza, in cui lacrime e pioggia, memorie e rimpianti si confondono e si alternano non diacronicamente. Questa parte del film ampia e lenta (giustamente) mi ha pienamente convinta. Meno convincente, almeno secondo me, il finale, che inserisce nell’equilibrio narrativo quasi perfetto fino a quel momento un che di dolciastro, che mi è sembrato stonato e del tutto “fuori registro”.  In ogni caso, film da vedere, apprezzabile e alquanto insolito. Ottima e molto intelligente l’interpretazione delle due protagoniste: Kate Blanchett nella parte di Carol e Rooney Mara in quella di Therese, acconciata e truccata alla Audrey Hepburn, la grandissima interprete, insieme a ShirleyMacLaine, di uno dei primi film (1961) che con molta cautela aveva trattato il tema dell’omosessualità femminile: il drammatico Quelle due diretto da William Wyler.

 

*Il romanzo ora, anche nella traduzione italiana, ha ritrovato il nome vero dell’autrice, nonché ovviamente il giusto titolo: Carol.

 

 

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