Regia di Todd Haynes vedi scheda film
Due ottime attrici e parecchie perplessità attorno. Un melodramma contratto che ha le forme e il passo di una seduzione attuata con sguardi e pose, di una graduale scoperta e di una rivoluzione che non fa rumore.
Il film di Todd Haynes non va molto oltre il minimo sforzo nello svolgimento del canonico tema da melodramma: "Istinti e passioni soffocate da una società conformista e retrograda". C'è la variante saffica, che di sicuro era dirompente nel '53 quando uscì il romanzo di P. Highsmith da cui è tratto il film, ma che oggi di clamore ne solleva poco (e a maggior ragione, poi, se si continua a declinare il lesbismo in maniera fascinosa-chic invece che in termini più terreni.)
Non si tratta di "amour fou", di una palpitante ossessione o di una straziante lotta contro le imposizioni di società e famiglia. Ha più le forme e il passo della seduzione attuata con sguardi e pose, di una graduale scoperta e di una rivoluzione che non fa rumore. C'è un'impressione generale attutita e sommersa, sia nello stile controllato e mimetico (nel bene e nel male...leggasi alla voce "poco personale"), che nei ritmi compassati, nelle scene madri proprio lì dove e come te le aspetti, nello sviluppo della trama senza scossoni e soprassalti. Per tutti questi aspetti il tono generale sembra in maniera inopportuna evocare acquiescenza e conformismo anche là dove dovrebbe essere percepibile invece la forza rivoluzionaria del sentimento nascente e dell'identità che finalmente ha campo libero per sperimentarsi.
Aldilà della bravura e dell'eclettismo della Blanchett il suo personaggio non pare completamente a fuoco (mancanza direi di chi dirige. Il romanzo non l'ho letto, non so dire se sia differente). È una donna di mezza età sicura di sè, affascinante e razionale, affettuosa con la figlia e forse un po' snob. Ma soprattutto è pienamente conscia della propria identità sessuale, non sembra intimamente combattuta. Ciò che le impedisce di esprimersi liberamente è solo il conflitto con l'ormai ex marito che rischia di allontanarla dalla figlia. Si ha la sensazione che questo amore per lei non sia esattamente vitale, non significhi quel che potrebbe e dovrebbe data l'epoca e le circostanze e cioè insperata felicità, sollievo, liberazione da un ambiente opprimente e onestà con se stessa e gli altri. Fondamentalmente abbiamo davanti un carattere forte che sopravviverebbe comunque, e questo alleggerisce di parecchio il peso specifico della relazione e della crisi. Di conseguenza anche sotto questo profilo l'emozione risulta attutita.
Rooney Mara devo dire a tratti sorprendente. A lei tocca un personaggio che ha un percorso più interessante perché in fondo è lei che vive il cambiamento e la scoperta, ma l'attrice ci mette del suo dimostrando un'ampia gamma di colori interpretativi e una bella naturalezza. Quando la relazione comincia a prender forma ne vediamo il riflesso nei suoi occhi, in come cambia la sua fisicità e la sua luce. Da uno sguardo perso, adattato e attendista sembra sviluppare leggerezza e vitalità (altrove piuttosto assenti). Nel complesso regge decisamente il confronto con la Blanchet da coprotagonista più che da spalla.
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