Regia di Olivier Nakache, Eric Toledano vedi scheda film
Pronti e via. Eric Toledano e Oliver Nakache non sono tipi che la prendono alla larga e così, nel raccontare l’incontro di mondi diversi e lontani, come possono esserlo quello di un immigrato senegalese (Samba) in odore di espulsione e di una single borghese e un pò depressa (Alice), decidono di fissarne gli antipodi in modo inequivocabile. Nella prima scena, ambientata in un locale parigino, assistiamo a un piano sequenza che, dal centro della sala, imbandita a festa e immersa nei ritmi scatenati di una musica demodè, inizia un percorso a ritroso attraverso le stanze e i corridoi che conducono nella cucina in cui Samba sbarca il lunario lavorando come lavapiatti. Una sequenza che va oltre la descrizione d’ambiente, per restituire in senso fisico la distanza che separa l’esistenza degli altri, da quella del protagonista. Una dimensione di isolamento che il film ribadisce anche sul piano dei contenuti, nella scena in cui Alice, in congedo forzato e al suo primo giorno di volontariato presso l'associazione incaricata di seguire il caso di Samba, viene messa più volte in guardia sulla necessità di mantenere le distanze rispetto ai problemi dei suoi assistiti.
La storia del film in pratica si ferma qui, perché quello che segue da qui in avanti è lo sviluppo per tappe successive di un percorso di avvicinamento, equamente diviso tra scene di vita privata, dedicate al rapporto affettivo e poi sentimentale tra Samba e Alice, e altre di carattere pubblico e collettivo, in cui le implicazioni sociali e pure politiche, legate al fenomeno dell'immigrazione (i riferimenti alla disumanità delle leggi volute dal governo Sarkozy è sottintesa) fanno da sfondo alle peripezie quotidiane di Samba, costretto a una vita da clandestino pur di evitare il definitivo rimpatrio.
Schema che Toledano e Nakache applicano all'insegna di una correttezza politica che nasconde gli aspetti più crudi della questione, sostituiti da una serie di carinerie e di dolcezze che strizzano l'occhio all'intrattenimento made in Hollywood, con balletti e One Man Show in cui Omar Sy e Tahar Rahim (nelle sale con l'ultimo film di Fatih Akim) si esibiscono in tutta la loro simpatica disinvoltura. Quando invece si tratta di fare sul serio, a trapelare è un imbarazzo che diventa cinematografico, nella sequenza del drammatico incontro tra Samba e un ex compagno di detenzione, realizzata con una messinscena incoerente e confusa; oppure di tipo morale, laddove il film, con uno stacco improvviso, quanto ingiustificato per l'importanza che ha quel momento nel percorso emotivo dei protagonisti, preferisce glissare sul preludio amoroso degli amanti, restituendoli "senza piacere" alla rassicurante mondanità dei loro affanni quotidiani. Nel caso di "Samba" la leggerezza di "Quasi amici" diventa la scusa per piacere a tutti costi. Con il paradosso di appesantire il gusto di apprezzare un'attrice del calibro di Charlotte Gainsbourg, tra le poche in grado di giustificare la visione di un film gradevole ma non eccelso come è appunto "Samba"
(icinemaniaci.blogpspot.com)
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