Regia di Pau Teixidor vedi scheda film
Di horror con giovani madri in lutto ne è piena la cinematografia spagnola: basti pensare a The Others di Alejandro Amenabar e a The Orphanege, di Juan Antonio Bayona, per citare due illustri esempi non molto lontani ai nostri giorni.
Nel film di Pau Teixidor, Oona Chaplin (i molti appassionati de Il Trono di Spade non necessitano di presentazioni, ma per chi ancora non lo sapesse, è la figlia di Geraldine, e la nipote di Charlot-Charles Chaplin) è una giovane moglie alle prese con la gestione di un lutto prematuro riguardante il figlio, da poco deceduto per cause apparentemente non chiarite.
La troviamo mentre si accinge a raggiungere l’appartamento ove vive col marito: una casa in corso di ristrutturazione, probabilmente pianificata per aiutare i genitori a dimenticare l’evento luttuoso che li ha colpiti, ed incastonata all’interno di un enorme complesso immobiliare perduto nel nulla, isolato attorno ad una zona che non è montagna ma nemmeno pianura, e che spazia ai margini di una città vittima come tante di una speculazione edilizia che nell’ultimo ventennio ha prodotto mostri di mattoni divenuti l’emblema di un abusivismo dilagante pre-crisi economica.
Rimasta sola in casa a causa di una incombenza lavorativa nella quale viene suo malgrado coinvolto il marito, la donna sente poco dopo bussare alla porta di casa: è una vicina di casa, piangente ed in evidente agitazione, che le chiede la gentilezza di ospitare il figlio bambino nel momento in cui lei si reca all’ospedale, ove hanno appena ricoverato il marito per un incidente.
Sola col ragazzino, subito timido e scontroso, poi sempre più difficile da tenere a bada a causa dell’imprevedibilità molesta dei suoi gesti, la donna rischia una crisi di nervi. Poi quando il ragazzino comincia a mostrare comportamenti insoliti ed inquietanti, come a dare per scontato che suo padre è appena deceduto, o che in quella casa è presente anche un altro bambino, il discorso prende una piega inquietante, virando verso il paranormale.
Nel film, che punta sulle atmosfere impalpabili ma non meno tese della ghost-story più allarmante, e sui piccoli particolari che si rivelano poco per volta, spesso prima all’occhio dello spettatore che non a quello confuso ed annebbiato della protagonista, non c’è molto altro che non una sapiente ed astuta costruzione che soppesa i tempi e i particolari, per riuscire a trovare un suo svolgimento nei suoi circa 80 minuti di durata.
Nulla di nuovo, per un horror che si inserisce alla perfezione all’interno del filone iberico che vive più di sensazioni palpabili che di fatti certi, di paure inconsce, piuttosto che di sangue vero.
La Chaplin, perennemente tesa o in crisi, ha un volto allarmato pertinente alla situazione di una donna già turbata nel suo intimo, e colpita al centro delle proprie ferite ancora aperte da una sensazione sconvolgente che la proietta in un incubo sempre più palpabile e concreto.
Il suo unico altro partner di rilievo, ovvero il bambino Sergi Mendez, recita bene e con lodevole espressione severa e pietrificata il suo ruolo di freddo testimone consapevole di ciò che si annida tra le pareti di casa.
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