Regia di Sarah Gavron vedi scheda film
TFF 33 - FILM D'APERTURA
Se Il suffragio universale è il principio secondo il quale tutti i cittadini di età superiore ad una certa soglia, in genere maggiorenni senza restrizioni di alcun tipo a partire da quelle di carattere economico e culturale e altre quali ceto, censo, etnia, grado di istruzione, orientamento sessuale e genere, possono esercitare il diritto di voto e partecipare alle elezioni politiche, amministrative e ad altre consultazioni pubbliche, come i referendum, la via per attuare questa apparentemente normale forma di democrazia è stata lunga, varia da paese a paese, e frutto di lotte e rivendicazioni dai risvolti spesso drammatici.
La conquista del diritto di voto da parte delle donne, e quindio da parte di una categoria che è tutt'altro che una minoranza, è una conquista che risale, nei casi migliori, a fine ottocento (Nuova Zelanda appare in testa alla classifica), mentre in Arabia Saudita tale diritto è stato conquistato dal ceto femminile solo da quest'anno.
Suffragette, opera della regista Sarah Gavron, ci racconta, in uno stile molto accurato, tutto ricostruzioni particolareggiate della società inglese di fine anni '20 e una cura per il dettaglio che assume lo stile di una pagina scritta in perfetta calligrafia, dove il contenuto, di per sé molto valido, rischia di essere annebbiato dal seducente aspetto visivo d'insieme, la lotta del movimento delle cosiddette "suffragette" inglesi, che a suon di sacrifici, botte ed umiliazioni, si annoverano tra i primi movimenti ad essere riusciti a far valere i propri diritti portando finalmente le donne a votare.
Seguiamo pertanto la vicenda della giovane Maud, operaia dall'età di sette anni presso una lavanderia, immischiarsi quasi per caso nel movimento delle donne rivoluzionarie, e divenirne una delle più agguerrite ed efficaci sostenitrici.
Perseguite come delle ladre o degli impostori, queste donne sacrificarono tutto per la causa, anche la vita, trovando finalmente la rivendicazione e il successo di una battaglia condotta con la massima convinzione e risolutezza fino alla fine.
Aprire un festival cinefilo e concreto come quello di Torino con il film della Gavron appare un'idea pertinente ed azzeccata, ma non toglie che il film si perda un pò troppo e fastidiosamente nei dettagli stilizzati di un'epoca che fu, divenendo presto schiavo del suo stesso spessore estetico e sacrifocando o svilendo in parte il sottotesto drammatico che avrebbe meritato più realismo e meno ricostruzione d'ambiente. Molto brava Carey Mulligan, impegnata più del solito ed incisiva come non mai; in parte ed adeguata Helena Bonham Carter, mentre la Streep appare in un cameo di lusso a scopo più decorativo che essenziale.
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