Regia di Massimiliano Bruno vedi scheda film
Vedi alla voce grandi metafore. Marcello - psicanalista di basso profilo, alta resa economica e nessun risultato - riesce a vedere il mondo di fronte ai suoi occhi solo nel momento in cui rischia di perdere la vista: a sostenerlo nella malattia (prima per egoismo, poi col cuore in mano) i pazienti e la segretaria. Massimiliano Bruno, dopo essersi ispirato a stato della crisi e squallida cronaca con la escort di Nessuno mi può giudicare e dopo aver firmato un affresco grottesco su nuovi e antichi mostri con Viva l’Italia!, abbandona la satira politica e la farsa sociale di questi due film non privi d’interesse. E, lontano dal confronto diretto con la commediaccia del nostro paese reale, mostra tutta la miseria di un cinema che la commedia non sa costruirsela da solo, riducendosi a una rassegna di tipi da teatro dell’arte incapace di restituire personaggi minimamente credibili (anche se Giallini e Foglietta sono in grado di sfumare perfino macchiette marmoree). Confusi e felici, altro titolo ammiccante a una canzone pop, altro film stancamente bisiocentrico, finisce per essere un susseguirsi di numeri di cabaret malamente messo in scena, con simbolismi sciocchi prima che elementari e una colonna sonora didascalica sino all’offensivo (vedi il finale su Superstition di Stevie Wonder). Una versione spaghetti e trash di Non buttiamoci giù, che sfocia (come anche gli acidi film precedenti del regista) nel sentimentalismo ecumenico di un Özpetek pecoreccio. Cameo scult di Silvestri, Gazzè & Fabi.
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