Regia di Andrea Preti vedi scheda film
«Il coraggio è sempre stato la mia forza». È l’altisonante citazione con cui si apre One More Day e sono parole dello stesso Andrea Preti: (ex?) modello ventiseienne, debutta dietro la macchina da presa, si scrive un copione, si autodirige, si assegna il ruolo di un protagonista talmente bello da far innamorare tutte le donne (due, oltre la madre) del cast, talmente talentuoso da far dire all’insegnante di recitazione (che, per qualche ragione, gli fa pure da coach pugilistico) «noi aspettiamo sempre quelli come te». Un po’ troppo, forse. La storia di Emanuele - che ha perso il padre in un incidente d’auto, cerca di gestire una mamma in depressione, cova silenziosamente rabbia e dolore, si laurea a pieni voti, comincia a fare l’attore, aggiusta la motocicletta di famiglia, interloquisce di tanto in tanto con un personaggio strambo che forse è la personificazione della sua voce interiore, cura con la forza dell’amore una Stefania Rocca afflitta da una misteriosa malattia - soffre il morbo dell’accumulo tipico di tante opere prime, e un’ingenuità non sempre perdonabile. Preti ci mette, evidentemente, tanta buona volontà, ma nessuno sembra averlo avvertito che esiste un limite alle immagini che si possono sovrapporre in una stessa inquadratura, o qualche differenza tra una pellicola e un photoshoot sul Lago Maggiore; o che le sue qualità interpretative non corrispondono a quelle che tutti assegnano al suo personaggio. Sarà per la prossima?
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