Regia di Alain Resnais vedi scheda film
Il termine “truffatore” che il titolo(italiano) propone sarebbe stato adatto se i contenuti del film fossero stati altri,perché Alain Resnais,com’è suo solito,ingaggia una lotta senza armi,da filosofo che colleziona un florilegio di frasi concluse sempre con punti di sospensione,con la progressione temporale dei fatti,con la cronologia che di solito compone il tracciato comprensibile di una vicenda biografica,e ci riesce grazie al montaggio inaspettatamente vivace che ne fa un titolo d’eccezione anche per un autore ritirato come Resnais.
Come è capitato già con altri registi(ci veda per esempio il Ford di Coppola o lo Hughes di Scorsese,fatte le dovute macroscopiche differenze),questo non vuole essere il ritratto di un uomo curato nel dettaglio esteriore cui si affidano sempre le biografie filmate,ma la trascrizione,la registrazione della azioni così come vengono ricordate di un uomo che diventa lo Stavisky di Resnais,una nuova invenzione che si trova alle spalle della storia ufficialmente documentata,perché il dato storico,continuamente ricollegato alla permanenza in Francia di Trotzkij,è ampiamente riscontrabile,un personaggio nella cui direzione il cinema non si dirige,in quanto non è un uomo di Stato che desideri l’elezione,quindi raccontabile nella sua immagine pubblica,ma una via di mezzo tra il prestigiatore(che non sapremo quanto rozzo o raffinato sia stato) e il trasformista a faccia nuda.
Nonostante,dicevamo,la Storia sia l’aggancio sicuro grazie al quale collocare il periodo in cui opera Stavisky,la scelta di Resnais supera di misura la tentazione della denuncia per ideare la ricostruzione di come quest’uomo abbia ottenuto l’adesione spirituale,la fiducia irriferibile di un coro di personaggi cui Resnais sottrae l’egocentrismo della personalità,tutta spostata nel personaggio di Belmondo,l’unico,anche grazie alla presenza sempre tumultuosa dell’attore,nel quale si possa avvertire la pulsazione sanguigna;i vari personaggi formano un gruppo scelto di persone che aderiscono alla sofisticata etica morale di Stavisky,che aumenta l’azzardo delle proprie speculazioni non in previsione di un accrescimento del potere quanto per il raffinato e compiaciuto progetto di consumare un glorioso fallimento,di raggiungere la vetta massima del lusso di vivere per il solo piacere di precipitare da essa,e che aumenta l’interrogativo su quanto questo sia sadico o su quanto scelga di precedere la fine del gioco voluta da altri.
Questo gruppo di persone vivono nella prospettiva appiattita voluta da Stavisky,fuori dalla realtà perché confinati consapevolmente in una società di pochi eletti fondata dallo stesso Sasha , e fanno capo soprattutto al Barone di uno Charles Boyer che sembra il genitore in disarmo di un diavolo, e la Arlette di immacolata passionalità di Anny Duperey,la creatura che rifiuta lo scioglimento da un patto non spiegabile solo con la fedeltà.
Nel cast che forma quella famiglia d’elezione di cui Resnais quasi sempre si circonda(prima che arrivassero Azema,Ardit,Dussolier),fa macchia l’eccellente Perièr,un uomo ombra in cui non è rinvenibile alcun accenno di personalità che ne comprometta l’assenza di qualsiasi emotività esibita.
La sceneggiatura di Jorge Semprun,che concede al film la leggibilità di cui spesso si sente la mancanza in altri titoli di Resnais,si discosta dalla possibilità di fare teatro filmato,cosa che Resnais sta scegliendo da diverso tempo di fare(si veda il parzialmente irrisolto Cuori),pur ambientandovi all’interno qualche sequenza in cui Stavisky si fregia del titolo di impresario,ma se ne allontana nel linguaggio perché la vita è già teatro e Stavisky ne è l’autore:e questo potrebbe aprire la discussione su quanto i copioni che egli scrive per sé e gli altri siano scadenti,astuti o la disperante ricerca di tutti i particolari da raggruppare prima che si decida della sua vita
Il parallelo con la vicenda politica di Lev Trotzkij è significativo perché ci permette di capire quanto i due personaggi si somiglino nel destino assegnato loro,poiché sono entrambi due sorvegliati:ma se il teorico sovietico della rivoluzione permanente sopportava la condizione di perseguitato costretto ad un’esistenza raminga,che prima o poi si dovrà cancellare per volere del regime staliniano,Stavisky è un personaggio che si muove sotterraneamente e che,nonostante millanti l’astio per il pedinamento cui è sottoposto,non potrebbe vivere se non sapesse di essere ricercato,spiato,in fondo omaggiato di tanta attenzione ,che ne fa un complice non dichiarato,una costola di quella oligarchia popolata di uomini di giustizia impegnata a sottrargli l’importanza che egli riesce ad attribuirsi.
L’enigma che circonda gli ultimi giorni della sua esistenza è la parte forse più convenzionale del film ma,anche ascoltando le parole del Barone,conferma quanto la società che l’ha cancellato non si sia resa conto che la vera disgrazia è quella in ci viene trascinato il regno privato di Sasha,la fine di una condizione fuori dal tempo che dal tempo sceglie di allontanarsi del tutto in mancanza del proprio anfitrione,testimoniata in un finale sommessamente straziante dai fiori recapitati ad Arlette.
L’astensione dell’intera struttura del film dal bisogno di scene madri e di espedienti da cinema di genere(che altrove risultano nobilissimi ma qui sarebbero stato inutili) permette a Resnais di ampliare fino a farla diventare logica espressiva la redazione di indizi sparsi su un personaggio irrequieto,e il suo film procede con soluzione di continuità,persuasivo come un sortilegio.
La sua presenza e il suo sguardo comunicano sempre una tranquillità oscura,qui ancora più frenata e distesa
Appare nascostamente divertito nell’interpretare questo inclassificabile esponente di un mondo concepito al di fuori dell’affanno della vita concreta,per il quale l’unico vero timore è quello di dover incontrare,anche solo per sbaglio,il giudizio di una verità estranea ad esso.
L’intoccabile creatura che cerca di convertire la tolleranza di una consorte in una dimensione di complicità che non cerca alternative, trova in Duperey un’affilata compostezza,lontana dalla nevrosi come dal desiderio di evadere da questa condizione,in cui l’attrice esprime la fatica del pensiero di una donna che cerca di regolarizzare il battito pericoloso del cuore nuovo che le è stato applicato
Molto apprezzabile lo sforzo di Belmondo di strappare il personaggio di Stavisky alla recita quasi non terrena in cui Resnais lo inserisce,senza allontanarsi dall’ intenzione del regista ma dichiarando nei confronti del suo personaggio un coinvolgimento che gli dà una fisicità più pronunciata.
Stilizzata fino a sembrare una coreografia severa,ma meno inaccessibile di altri suoi esperimenti,possiede l’intensità di una tragedia di cui vengono censurate le urla
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