Regia di Samuele Rossi vedi scheda film
Liberazione, 70 anni fa. Il regista Samuele Rossi intervista alcuni partigiani (tra i quali la nipote di Matteotti, nome di battaglia Laura, compagna di Sergio Kasman, mitico “comandante Marco”) nati tra il 1920 e il 1927, quindi tutti giovanissimi quando vi fu la chiamata alle armi dopo l’8 settembre 1943. Interviste frontali, montaggio tradizionale: l’apparenza è che film così non riescano a schiodarsi da una certa convenzionalità. E invece no: la forza delle facce, delle parole, delle storie, rende La memoria degli ultimi un documentario epico, imperdibile. Rossi ha una grande idea all’inizio: montare i “lanci” dei tg sulle celebrazioni del 25 aprile. Si va da quello del 1946, grondante «luce limpida ed eroica», a Bruno Vespa che pacifico annuncia come il 25 aprile coincida con l’inizio del ponte di primavera. Più che tutti a casa, tutti al mare. Il secondo elemento formidabile esce invece dai racconti dei partigiani. La loro Resistenza fu preideologica: una reazione ai soprusi fascisti di cui furono vittime i padri costretti a bere l’olio delle macchine (mica quello di ricino) o gli zii, i contadini cacciati dai campi per arbitraria decisione del padrone (in centro Italia accadeva di continuo, con il benestare della Legge), i cavatori trattati come schiavi. Questa, anche questa, fu l’Italia prerepubblicana. Della quale non solo si è persa memoria, come denunciano i partigiani, ma addirittura conoscenza. Oggi, evidentemente, fa comodo così.
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