Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
Vita quotidiana sul fronte alpino durante la grande guerra: siamo nel 1918 (lo si capisce da un accenno ai primi casi di epidemia spagnola), ma ancora non si vede la fine della strage. Rispetto a classici come Orizzonti di gloria o Uomini contro c’è molta meno azione: è come se i soldati fossero ridotti a un’esistenza larvale, annichiliti, incapaci anche di concepire l’idea di ribellarsi (al massimo qualcuno si suicida). Vite ridotte al lumicino, che hanno il loro corrispettivo nella forma: colori desaturati; personaggi senza identità, ridotti al loro grado (gli unici nomi sono quelli che si intravedono nelle lettere arrivate da casa); il mondo di prima ridotto a una foto da custodire come reliquia; un nemico invisibile ma letale. Eppure non c’è un clima da tragedia: anzi un’atmosfera sognante, sospesa, immersa in una luce irreale che rende difficile distinguere giorno e notte. Quando in una scena appare una volpe, ho capito che il modello di riferimento di Olmi è Montale: “Le notti chiare erano tutte un’alba / e portavano volpi alla mia grotta. / Valmorbia, un nome - e ora nella scialba / memoria, terra dove non annotta”.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta