Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
la grandezza di un regista, sta anche nello spingere il proprio corpo pluriottantenne ad altitudini e temperature proibitive. la speranza di olmi di rivedere i prati mi ha lasciato letteralmente senza parole. il ricordo dei racconti del padre, a cui il film è dedicato, trasmesso in immagini è ipnotico. tiene incollato gli occhi allo schermo nell'osservare come quei ragazzi e quegli uomini reagivano e si adattavano gioco forza all'ambiente trincea. il freddo, il fango, la neve, le voci sopra dei protagonisti come se parlassero di loro già da morti. i morti che ricordavano quei giorni ingloriosi di morte. uomini che come zombi haitiani parlano, alterandosi e scomponendosi solamente all'ennesima folle richiesta di avanzamento da parte dei comandi nelle retrovie. solo una flebile speranza rimane, come quella della sentinella che guarda l'albero morto e lo vede vivo come ne vedeva tanti nelle sue montagne, quelle montagne; altre montagne; montagne. oppure la stessa volpe che tutte le sere fa visita a quei luoghi prima che scoppi l'inferno e trasformi la trincea in un buco fangoso e nero. colore del piombo e della polvere da sparo che ricopre tutto e ammanta la fotografia del film di un soffocante e sinistro sentore quasi fantascientifico. sembra di essere in un altro mondo, in un'altra era. i morti sepolti sotto la neve che sputeranno a primavera con il disgelo insieme alla primavera che farà fiorire la natura. e intanto, dopo che la trincea è distrutta, i superstiti s'inoltrano per il grande bianco e si mescolano con le immagini vere della prima carneficina mondiale. olmi che sceneggia guarda a ciò che scrive e filma con una lucidità che è solo dei grandi saggi che hanno visto e che sanno. è stato questo e peggio. vogliamo davvero ripetere tutto da capo?....
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta