Regia di Alastair Orr vedi scheda film
Dozzinale horror ambientato nella vegetazione, con il solito gruppo di turisti americani geniali: scelgono infatti di penetrare in una impraticabile area panamense (la foresta del Darién), nonostante la zona sia off limits. Girato malino, prevedibile, con una brutta fotografia ed una creatura che non incute alcun timore.
Cinque amici americani, abitudinari di viaggi nel mondo, stabiliscono in Panama la prossima mèta. Una volta arrivati a destinazione la spiaggia, il nuoto e il surf diventano obiettivi principali, senonché la conoscenza di Carmen (Laura Penuela), ragazza locale, induce Trevor (Pierson Fode) -unico turista single- a convincere il gruppo per inoltrarsi nella foresta del Darién. Zona proibita, al centro di sparizioni e leggende circa una creatura antropomorfa conosciuta come chupacabras. Ad attrarre i ragazzi è una cascata naturale, immersa nel folto della vegetazione. Ma la leggenda dimostra di avere un fondo di verità piuttosto apprezzabile. Nella zona, priva di copertura telefonica (ça va sans dire) e ormai a notte inoltrata, i sei ragazzi si trovano infatti preda di una feroce creatura.
"Ci sono 196 paesi nel mondo. Ognuno con una credenza legata ad una creatura che terrorizza le terre e preda gli indigeni. Metà della popolazione mondiale, tre miliardi di persone, giura che queste leggende siano vere." (Imprecisa e trascurata didascalia prima dei titoli di testa)
Con già in curriculum due sconosciuti titoli (The unforgiving ed Expiration), Alastair Orr ritenta l'esperienza in regia. Lo fa noncurante della brutta sceneggiatura di Max Roberts e fregandosene del mediocre staff tecnico, in grado -con una pessima fotografia- di rendere scadente persino la naturale location panamense. Le scene notturne occupano tutto il secondo tempo, obbligando a perdere la vista nell'inutile tentativo di definire le immagini -sfocate, mosse, volutamente caotiche in stile found footage- che scorrono inutilmente sullo schermo. Via di mezzo tra mockumentary e survival movie in senso stretto, Indigenous provoca un forte senso di delusione sotto qualunque punto di vista. Tecnicamente un disastro, non più di quanto lo sia a livello narrativo. Il tema del chupacabras si prestava a considerazioni più serie e -magari mysteriose- mentre qui non viene affatto indagato. La creatura, che ha fattezze umane (similmente ai mostri sotterranei di The descent), potrebbe forse essere frutto di un esperimento militare, come sembrerebbe dimostrare il -pessimo- finale che vede in campo (oltre al solito accanimento mediatico dei telegiornali) nientemeno che una fetta di esercito. Film inutile, che va ad allungare l'elenco di titoli meno che mediocri, girati male, scritti peggio e destinati ad un pubblico che -con il passare del tempo e di questo passo- logicamente finisce per disprezzare il genere horror. Nonostante l'inguardabile risultato, Alastair Orr un paio d'anni dopo trova di nuovo occasione di mettersi dietro una macchina da presa, sul set di From a house on Willow street, produzione piuttosto sostanziosa ma di nuovo con esito altrettanto brutto (pur se inspiegabilmente premiato), confermando così le scadenti doti di regista. Nel limbo (sperando che lo resti) figura il suo ultimo titolo in progetto -sempre ambientato in un bosco- ovvero Triggered.
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