Regia di Ivan Kavanagh vedi scheda film
Una storia classica e convenzionale girata con garbo e interpretata da bravi attori. Sempre in bilico tra ipotesi realista e sovrannaturale, racconta di un sensibile protagonista con la mente alla deriva. Decoroso.
David (Rupert Evans) ha tutto dalla vita: una confortevole casa, una bella moglie (Hannah Hoekstra), un figlio incantevole ed un appassionante lavoro come archivista di pellicole cinematografiche. Durante la catalogazione di bobine recuperate dagli archivi della polizia viene a conoscenza di un terribile fatto di sangue che è avvenuto proprio nella casa in cui vive. Nel lontano 1902, un marito sconvolto dal tradimento ha ucciso prima la moglie quindi la tata gettando i corpi in un limitrofo canale, all'interno del quale si è tolto la vita, portando con sé anche i figli. Quando David scopre che anche Alice, la sua compagna, ha una relazione extraconiugale ormai è troppo tardi: il corpo inanimato della donna viene ritrovato nelle gelide acque. Le indagini appurano essersi trattato di un fatale incidente ma David è ossessionato da ombre, visioni e fatti di morte legati alla casa e al canale. La vita con il piccolo figlio diventa presto un inferno e persino la baby sitter decide di abbandonare l'uomo al suo infausto destino.
Presentata per la prima volta al Tribeca Film Festival (Aprile del 2014), questa pregevole produzione irlandese rimane ancorata alla consuetudine del genere, sempre in bilico tra ultraterreno e razionalità. Forte di un nucleo narrativo per nulla banale, che a suo modo fa riflettere su un valore assoluto (oggi purtroppo azzerato) qual è quello del matrimonio, The canal si lascia seguire tutto d'un fiato grazie alla straziante e convincente prestazione offerta dal cast artistico, con menzione di merito per l'eccezionale Rupert Evans, qui personaggio tormentato e dall'animo sconvolto, totalmente costretto al declino morale (in senso emotivo) e in grado di trasmettere il suo stato di disagio e la sofferenza che prova, anche fisicamente.
Siamo legati alla razionalità da un filo sottile, che diventa sottilissimo per gli animi sensibili e nobili, come quello del protagonista. Il classico padre di famiglia per il quale l'universo intero è rappresentato dagli affetti familiari. Ecco allora che un fatto ordinario, ma che tale non dovrebbe essere, come quello del tradimento, provoca scossoni, devastazioni, sommovimenti psicologici destinati alla deriva della ragione. E, è cosa nota, provata e verificata: il sonno della ragione genera mostri. I primi avvisi, sintomi di una mente che va incrinandosi, ci giungono dalle frasi pronunciate in occasione di alcune lezioni. Fantasmi di luce: così David definisce gli attori dei film (deceduti da tempo) realizzati agli albori del Ventesimo Secolo. E proprio tali fantasmi possono anche interagire con la realtà (stravolta) del depresso protagonista, soprattutto quelli che presentano affinità elettive, corsi e ricorsi di infedeltà e tradimento.
Può una moglie fedifraga rappresentare il mezzo tra un evento attuale e uno passato? Aprire le porte all'aldilà? Evocare immagini, riflessi che dalle oscure acque di un canale maledetto tormentano le notti di un marito deluso? Il film ci lascia in bilico, sul limite del possibilissimo e anche se tenta di chiudere con una scorretta spallata verso una realtà irrazionale, ci dà comunque una certezza: esistono ancora persone romantiche, pure e semplici. Sono le più umili e le più buone, ma proprio per questo anche le più fragili.
La bella fotografia, l'ambientazione prevalentemente notturna e il legame tra la casa testimone di un massacro familiare e alcune bobine "maledette" ricordano -non casualmente- il più famoso Sinister, film d'atmosfera diretto nel 2012 da Scott Derrickson.
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