Regia di Ivan Kavanagh vedi scheda film
Una storia prevedibile e che non coinvolge lo spettatore.
Un thriller che non presenta né un soggetto originale né almeno qualche aspetto o sequenza che sia in grado di provocare un'emozione. Abbiamo una coppia di archivisti di una cineteca che scelgono la casa sbagliata per crescere il figlio, dato che è stata lo scenario di un violento omicidio ed è vicina ad un canale che ospita dei morti. La scoperta della relazione extraconiugale di lei darà inizio ad una progressiva discesa nel baratro. La storia, simile a quella del più riuscito "Sinister", procede come un'indagine lenta, prevedibile, senza colpi di scena e/o tensione. Pur conservando un'atmosfera cupa, l'ora e mezza si dilata a causa di un impianto narrativo piatto e inefficace. E anche il finale è scontato e non convince. Protagonista è Rupert Evans, già visto nel primo "Hellboy": David è un personaggio che diventerà sempre più ambiguo e ossessionato dai crudi avvenimenti della casa, e dunque non è facile da interpretare. Evans non se la cava male, ma non riesce a distinguersi tra la massa dei personaggi simili a questo. Le musiche di Ceiri Torjussen poi non riescono a conferire tensione. Il regista e sceneggiatore irlandese Ivan Kavanagh è comunque reduce da cinque pellicole e anche da qualche riconoscimento, tra cui il "Best Drama" al Portobello Film Festival per "The solution". Questo "canale" non emerge dalla mischia dei tanti lungometraggi del genere che parlano della rottura della routine, nonché della negazione della famiglia come simbolo di sicurezza, amore e fiducia reciproca. A questo topos che ha visto storie migliori ("Babadook", "La madre") si somma quello della casa "infestata" e delle presenze che passeggiano attorno ai personaggi, incapaci di colpire lo spettatore.
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