Regia di Robert Wise vedi scheda film
Un buon castello di meditazioni sulla discrepanza tra uomo e macchina.
Gene Roddenberry, persuaso dall'inimmaginabile successo riscosso da Guerre stellari, converte le sue idee per un'ulteriore prosecuzione della serie classica di Star Trek in un film per il cinema, dove i personaggi dei vecchi episodi divenuti di culto sono ancora incarnati dai loro interpreti storici, visibilmente invecchiati (di dieci anni): ecco, dunque, di nuovo riunito sotto l'egida del risoluto comandante Kirk (William Shatner) l'equipaggio formato dal saggio Spock (Leonard Nimoy), dal fido dottor McCoy (DeForest Kelley), dal tecnico Scotty (James Doohan) e da Sulu (George Takei). La prima metà della durata è alla mercé di rallentamenti abbastanza sfiancanti: lo scopo è polarizzare lo sguardo del pubblico sugli ammirevoli effetti visivi, nominati all'Oscar (maestosa la figurazione del colosso alieno), ma l'effetto involontario è spazientire i non adepti. Però, andando avanti, la sceneggiatura di Harold Livingston accarezza profondità filosofiche mai sondate dal telefilm con un buon castello di meditazioni sulla discrepanza tra uomo e macchina, cui vengono connessi con acume il toccante romanzo di formazione di Spock e la sua illuminante comprensione dell'indispensabile ruolo dei sentimenti nella vita umana mediante un trip nei meandri della psiche dell'essere misterioso che cita con amore il viaggio finale di 2001. Dirige un anziano Robert Wise.
Anziché recuperare il popolare tema televisivo, Jerry Goldsmith ne inventa un altro di sana pianta.
BUON film — Voto: 7
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