Regia di Tom Tykwer vedi scheda film
Un po' fiacca sul piano della critica sociale, decisamente sgrammaticata nella costruzione della storia e pure pacchiana nell'esposizione occulta di un suo importante sponsor, questa dramedy dello spaesamento anagrafico e geografico cerca appigli nella capacità del suo mattatore di calarsi in un personaggio stralunato e facilmente riconoscibile.
Già liquidatore di una storica fabbrica americana di biciclette, il cinquantenne Alan Clay è un manager all'ultima spiaggia, incaricato di piazzare un sofisticato sistema olografico per videoconferenze alla sfuggente dinastia saudita. Tra un'accoglienza non molto organizzata e l'afflizione dovuta a svariati problemi fisici, l'uomo trova in un pittoresco tassista locale ed in un'affascinante dottoressa saudita, il supporto morale e materiale che gli consente di affrontare la snervante attesa per un affare che non pare doversi concludersi mai.
Dalle parti del cittadino apolide in crisi di mezz'età già portato sul grande schermo nello spielberghiano 'The Terminal', il viaggio della speranza dell'ultimo commesso viaggiatore in balia del caso del divo Tom (Castaway) è un dramma grottesco che il teutonico Tykwer (Lola corre ; Profumo - Storia di un assassino) utilizza come usuale metafora per descrivere l'ineffabile alterità di un potere globalizzato in grado di annichilire volontà e identità dei suoi volenterosi cavalier serventi.
Un po' fiacca sul piano della critica sociale, decisamente sgrammaticata nella costruzione della storia e pure pacchiana nell'esposizione occulta di un suo importante sponsor 'a cinque cerchi', questa dramedy dello spaesamento anagrafico e geografico cerca appigli nella capacità del suo mattatore di calarsi in un personaggio stralunato di cui rappresenta un modello facilmente riconoscibile (pensiamo al Sordi di Finchè c'è guerra c'è speranza) e nello stesso tempo ne indirizzi le riflessioni sul versante di una mobilità umana e professionale che gli consenta di superare il difficile guado di una crisi personale che diventa specchio di una più generale crisi di sistema. Aspettando che arrivi il monarca saudita o che il film decolli però si rischia di annoiarsi più del dovuto, e benchè gli scenari desertici (ricavati tra locations marocchine ed egiziane) contribuiscano a riprodurre le contraddizioni di un'ambientazione sospesa tra modernità tecnologica ed arretratezza culturale, il tutto si riduce ad una stanca sequenza di disavventure tragicomiche divise tra l'amicizia per un istrionico autoctono intriso di cultura yankee, una mediatrice danese dal carattere gaudente ed una fascinosa dottoressa saudida in hijab con cui condividere l'inizio di una nuova vita lontano da casa. Se i nuovi modelli della globalizzazione guardano esclusivamente al primato dell'efficienza e della drastica riduzione dei costi, i vecchi modelli della felicità umana sono il miracolo di una capacità di adattamento che fa di ogni necessità che ostacoli il cammino una virtù da cogliere al volo. Simpatica la colonna sonora che spazia tra Chicago e Talking Heads, tra Vivaldi e...Rashed Al Majed! Costato 30 milioni di dollari, se gli va bene si rifà delle spese. Per chi vuole contribuire è uscito da noi il 15 Giugno distribuito dalla Lucky Red.
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