Regia di Andrej Tarkovskij vedi scheda film
Un professore di nome Professore guida uno scienziato di nome Scienziato e uno scrittore di nome Scrittore in una zona chiamata Zona, circondata da militari e disabitata. Qui il terzetto dovrà trovare una stanza dentro alla quale qualsiasi desiderio sarà magicamente esaudito.
Stalker è l’idea di racconto postapocalittico secondo Tarkovskij: un’idea, come il cinema dell’autore russo, personalissima e altrettanto facilmente riconoscibile. I temi della guerra atomica, del controllo militare, dello Stato di polizia, della follia come imprescindibile caratteristica umana, dello spaesamento nell’individualismo moderno si fondono in un quadro desolante di natura matrigna, verde selvaggio eppure malato, in un inevitabile – per il regista – incessante gocciolare d’acqua. Tratto dal romanzo di Arkadij e Boris Strugackij intitolato Picnic su ciglio della strada, con una sceneggiatura da essi stessi scritta insieme a Tarkovskij, il film si muove con esasperante lentezza e relativa maniacale cura dei dettagli attraverso sterminate sequenze basate su dialoghi filosofeggianti dal linguaggio ricercato e totalmente fasullo, artificioso, quanto improduttivi nella sostanza. Se da un lato sono innegabili gli encomi al ben mirato dispendio di mezzi tecnici, all’efficace sfruttamento delle ambientazioni e alla prodigiosa capacità del regista di suggestionare per immagini utilizzando la pellicola essenzialmente in termini pittorici, certo non si può essere altrettanto entusiasti del risultato sul piano della narrazione, macchinosa e spesso inconcludente, quantomeno se si considera l’esiguità della trama spalmata nelle oltre due ore e mezza di durata dell’opera. Per Tarkovskij si tratta del terzultimo film, l’ultimo girato in patria: il successivo Nostalghia (1983) verrà realizzato in Italia e infine Sacrificio (1986) in Svezia. 6/10.
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