Regia di Billy Wilder vedi scheda film
Un misto di ironia e spirito unito a una sapiente e dosata critica nei confronti del nazismo rendono questa commedia avventurosa dai toni drammatici unica nel suo genere. Billy Wilder non è di certo l'ultimo arrivato e in questa occasione dà prova della sua grande abilità di maestro e creatore di immagini. Stalag 17 è un film tipicamente wilderiano, una commedia avventurosa che offre numerosi spunti di riflessione a sfondo storico e sociale che permettono anche ai più distratti di concentrarsi e godere della bellezza sopraffina di questa pellicola. Un'opera modellata all'interno di un'ambientazione “limitata” e ridotta all'osso, ovvero il campo di prigionia. La baracca dei prigionieri, luogo dove si svolgono la maggior parte delle riprese, prende vita trasformandosi in un universo parallelo, un mondo che vive e coesiste all'interno di un contesto che pare non appartenergli. Wilder dota i suoi personaggi di estro e comicità riuscendo abilmente a fare dello spirito anche su un argomento così delicato. Il mondo dei prigionieri è variegato di numerose e differenti personalità che messe insieme le une con le altre danno vita a situazioni bizzarre e rocambolesche. È quindi difficile non riuscire a tifare o ad affezionarsi ad almeno uno dei numerosi protagonisti che popolano la prigionia del campo, come è difficile non rimanere incantati dalla bravura degli interpreti, su tutti Robert Strauss e l'intramontabile William Holden.
Ma Stalag 17 non è solo una commedia, è una storia che racconta il dramma della prigionia, le sofferenze e i bisogni dei detenuti, la spietatezza degli ufficiali, i complotti e la velenosa corruzione che alberga anche in un contesto così ristretto. Ma a fare da padrone alle numerose avventure che si svolgono nella baracca è sicuramente il desiderio di evasione che accomuna tutti i detenuti. Evadere, fuggire da quell'incubo per ritrovare la libertà e tornare a vivere come uomini liberi e non più come schiavi. Wilder giostra il tutto con la solita maestria soffermandosi in particolar modo su inquadrature fisse e lunghe, primi piani sui volti degli attori e campi lunghissimi negli esterni. Memorabile When Johnny Comes Marching Home, tema portante dell'intera pellicola (ripreso anche da John McTiernan per il suo Die Hard With Vengeance) e la sequenza della fuga finale da parte del sergente Sefton e del tenente Dunbar. Quest'ultima, infine, vuole forse suggerire una parziale ed effimera vittoria dei prigionieri e una sconfitta lieve ma maledettamente sofferta da parte degli ufficiali tedeschi, rievocando in maniera simbolica gli eventi che segnarono la storia di quel periodo. Sicuramente una delle migliori opere del regista austriaco.
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