Regia di Billy Wilder vedi scheda film
Certo che a soli otto anni dalla fine del conflitto, l'idea di realizzare una commedia drammatica ambientata in un campo di prigionia (non di concentramento, cosa ancor diversa) aveva del coraggiosamente folle, o del follemente coraggioso. Ai genii, però, può venire in mente anche questo. E Billy Wilder lo è stato. "Stalag 17" non è tra i suoi titoli più ricordati alla prima, e probabilmente non tra le sue opere più eccelse, ma dà uno sguardo atipico alle vicende di prigionieri americani in un campo tedesco, facendo sì che i tradizionalmente buoni ed eroici risultino spesso cialtroni, squinternati ed opportunisti, mentre i tedeschi sono sì dipinti con estro caricaturale, ma ricordandone la spietatezza che uccide se si esce dai limiti imposti. William Holden vinse l'Oscar per un ruolo che emerge alla distanza, ambiguo per la maggior parte della storia, che si riscatta nel finale e Otto Preminger, alto ufficiale che presidia il campo, è una sapida presa in giro della rigida applicazione delle regole nazista. Il finale,con gli uomini rimasti nella baracca che intonano la marcetta dei marines è un'ultima pennellata di ironia e fiducia nel tempo che sconfiggerà ciò che opprime.
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