Regia di Maria Gamboa vedi scheda film
Storia (vera): Mateo ha 16 anni, un viso pulito, un’umile casa (in un quartiere povero e violento, lungo la valle del fiume Magdalena) che divide con una madre apprensiva. Lavora per lo zio fuorilegge, per il quale raccoglie denaro frutto di estorsioni. Per salvare il suo anno scolastico viene obbligato a seguire un corso di teatro diretto da padre David, sacerdote tutto fatti e poca retorica, attivo nel recupero sociale degli adolescenti. Il suo programma mette a rischio le attività criminali dello zio di Mateo, che lo infilitra per carpire informazioni, ottenendo però il risultato contrario. Credenziali: è il film che la Colombia ha scelto per rappresentare il paese agli Oscar 2015 (ma non è finito in cinquina); ha vinto il Grifone di cristallo al Giffoni Film Festival 2014; emozionerà e colpirà il pubblico più sensibile ai temi sociali. Sostanza: pochina. Mateo è un’opera di superficie che contrappone schematicamente gli usuali due modelli: quello della criminalità e dell’opulenza materiale a quello della solidarietà e dei valori, usando l’espressione artistica come strumento di disciplina e condivisione. Nel mezzo, la religione come collante sociale e un messaggio di speranza. Il tono è ovviamente pedagogico, fortunatamente mai stucchevole. La regia è silente e partecipe, priva di qualsiasi peculiarità, ma anche abile a raccontare per volti e stati d’animo, limitando dialoghi pedanti e posticci.
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