Regia di Kristijonas Vildziunas vedi scheda film
Riabbracciarsi. Non è sempre un sogno romantico, destinato a realizzarsi comunque, prima o poi, come nelle favole d’amore. Ritrovarsi è spesso un’impresa che deve fare i conti con la realtà nella quale, anche quando le armi tacciono, non è dato vivere in pace. Il destino dell’umanità è restare divisa: i confini sono i necessari contorni del potere, e gli inevitabili limiti della libertà individuale. Ruta e Vladas, un tempo, erano parte della stessa famiglia. Una figlia ed un padre che abitavano sotto lo stesso tetto, in una cittadina della Lituania. Poi venne la guerra, ed una sfortunata coincidenza separò le loro strade. Nel giugno del 1961 tutto questo è ormai un lontano ricordo, ma l’Europa è ancora a pezzi. Solo a Berlino, due mesi prima della costruzione del muro, le due metà del continente possono ancora toccarsi: quel luogo è l’ultimo varco rimasto aperto nella cortina di ferro. I due protagonisti vorrebbero approfittarne, per potersi finalmente rivedere. La situazione, purtroppo, si rivelerà più complessa del previsto. Anche dove non passa il filo spinato, esiste infatti un ostacolo non meno insormontabile: è una barriera fatta di diffidenza, di sospetto, di ambiguità. Ed è sostenuta dalla politica, dalla polizia, dai servizi segreti. L’occasione di una vita potrebbe dunque nascondere una trappola. Ruta vorrebbe gettarsi con anima e corpo in quella splendida avventura, ma tutto, intorno a lei, è teso a fiaccare il suo coraggio e a indurla prima alla prudenza, ed infine alla rinuncia. La ragazza si ritrova ostaggio di un pericolo che, se, per lei, all’Ovest, è solo una minaccia ipotizzata che odora di leggenda, all’Est, dove si trova suo padre, è invece un concreto motivo di terrore, un effettivo rischio di rimanere per sempre prigionieri di un sistema totalitario. Essere vicini, non potersi toccare, pur volendolo con tutto il cuore, e non capire perché: sono questi i termini di una storia semplice, eppure circondata da un alone indefinito ed impenetrabile, che soffoca il senso e fa sfumare i desideri. È come se l’universo fosse percorso da una frattura polverosa, una ferita che rende l’aria irrespirabile con i suoi effluvi avvelenati dalla cecità. Ruta e Vladas sono a pochi chilometri di distanza, nella stessa città, ma qualcosa fa sì che essi rimangano, l’uno per l’altro, invisibili, irraggiungibili, forse addirittura inesistenti. La prossimità è solo un’illusione, l’utopia di un mondo in cui sia sufficiente amarsi e venirsi incontro per poter essere uniti. Il legame impossibile è un dramma eterno e onnipresente, però è un fatto innaturale, frutto di una prospettiva distorta e spezzata. Si può decidere di stare al gioco, contribuendo alla paura, nel ruolo degli oppressori o degli oppressi, o di quelli che non vogliono saperne nulla. Ruta e Vladas avrebbero la forza di sfidare questa logica, ma non possono contare sull’aiuto di nessuno. Back in Your Arms descrive il triste e vano girotondo di questa solitudine a due, il volteggio di una danza i cui passi, privati del loro slancio, non si chiudono mai sul cerchio del lieto fine.
Questo film ha concorso, per la Lituania, al premio Oscar 2012 per il migliore film straniero.
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