Regia di Francesco Munzi vedi scheda film
Film cupo e doloroso, ma fortemente realistico.Ottima la regia e la recitazione
Un piccolo paese della Calabria,Africo è il contesto sociale in cui si svolge il film “Anime Nere” di Francesco Munzi,ispirato al romanzo omonimo di Gioacchino Criaco. Luigi, Rocco e Luciano, sono tre fratelli di origini calabresi, le cui vite hanno preso strade diverse e ben distinte tra loro.I primi due sono ancora legati alla “ndrangheta” Luigi è un trafficante internazionale di droga, e Rocco vive a Milano e compie illeciti immobiliari con le imprese, riciclando il denaro sporco del fratello, Luciano invece,abita in pieno Aspromonte, illudendosi vanamente di poter vivere, in pace, facendo l’agricoltore e prendendo le distanze dalle attività dei fratelli. Il figlio di quest’ultimo, Leo è però un ragazzo inquieto, cresciuto in un luogo selvaggio e arido, povero sul piano umano e sociale, vissuto nel mito dello zio Luigi e intenzionato a seguirne le poco raccomandabili orme, distrugge a colpi di fucile la vetrina di un bar, protetto da un clan locale rivale, compiendo una sorta di ripicca, in replica ad uno sgarro subito. Tuttavia questa azione inutile e insensata, non viene percepita come una ragazzata, bensì viene “letta” come un vero e proprio atto intimidatorio e un gesto simbolico, che darà il là, ad una nuova sanguinaria faìda, innescando una dinamica perversa, che sfocierà in conflitti sanguinari e in inevitabile tragedia, La storia si snoda con cupezza, in un clima, di silenziosa diffidenza, in cui vige la cultura omertosa, costituita da riti pagani e arcaiche usanze contadine e che spinge in una irreversibile spirale affettiva, che inghiotte, in un meccanismo di odio, tradimento, vendetta e morte. L’impostazione del film ha un taglio antropologico e un impeto sociologico.La storia è tristemente realistica, il dialetto strettissimo talmente incomprensibile, da obbligare la regia all’utilizzo di didascalie, è funzionale alla veridicità della vicenda e la rende ancora più intensa e vibrante. Rispetto al libro è stata cambiata l'epoca, che dagli anni '70 è stata riportata ad oggi.Il regista ci porta con sapiente,crudele e minuziosa dovizia di dettagli, in luoghi cupi e tetri, dove le persone sembrano larve umane, che sopravvivono, avvinghiate ad una mentalità arretrata, in cui allignano ancora consuetudini ataviche in mezzo alle macerie morali, di una famiglia e della società, intrappolandoci in una ragnatela fitta e aggrovigliata, fatta di tradimento, vendetta e sangue, dove la vita sembra essersi fermata e dominata ancora da quel codice "d'onore" aberrante, che obbliga tutti a dover scegliere la fazione, per cui schierarsi, in una feroce e interminabile guerra tra clan, senza esclusione di colpi. Non c’è ombra di speranza anzi , senza fare spoiler, si può dire che il finale è di un pessimismo “cosmico”
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