Regia di Francesco Munzi vedi scheda film
Impressionante opera terza per Francesco Munzi. Dimenticatevi i tanti, troppi, prodotti più o meno patinati, macchiettistici, televisivi, che raccontano la mafia (e le sue derivazioni, in questo caso la 'ndrangheta calabrese) con un abusato stile, colmo di luoghi comuni che li rendono, fondamentalmente, innocui. Il film di Munzi, invece, va a fondo, non ha paura di nulla, ci porta direttamente in quei luoghi, ci fa guardare dentro il nero di quei volti e non lascia nessuno scampo, nessuna via d'uscita. Non infiora nemmeno un minuto di pellicola, l'odore secco della morte aleggia per tutta la sua durata, che se non fosse per i paesaggi, belli e violentati, dell'Aspromonte, sembra quasi di stare in uno di quei western che non si fanno più. Dopo un breve prologo milanese, dove, si sa, la 'ndrangheta ha ormai radici profonde, il film s'abbevera in modo decisivo dei luoghi natii di questa famiglia tornata a riunirsi, ed è qui che prende tutta la sua forza, aiutato da splendidi attori, che non sprecano una ruga o una parola. Anche l'uso del dialetto, ottima scelta, aiuta a rendere il tutto più vero, reale. "Anime Nere" ha il marchio dell'ineluttabilità, delle braccia spalancate nel dolore e nell'impotenza, non c'è la retorica della "legalità che vincerà": i protagonisti ti urlano in faccia le cose come stanno e quel magnifico finale è il sigillo perfetto su un film come raramente se ne producono in Italia. Straordinario. Nove premi David, meritatissimi.
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