Regia di Riccardo Milani vedi scheda film
Mi càpita ogni tanto di rivedere un film due volte, e mi succede solo in due casi. Quando una pellicola mi è piaciuta così tanto che sento il desiderio di "riviverla" di nuovo. E poi -ed è questo il caso in questione- quando non riesco a farmi un'idea di un film, quando mi lascia perplesso e avverto il bisogno di un chiarimento. La prima volta infatti sono uscito dalla sala fortemente contrastato tra due giudizi opposti. Da una parte un film carino, pulito, non volgare, ma pieno di svolte scontate e di insistenze su soluzioni banali e prevedibili. Al secondo "giro", dopo una visione più ponderata, la mia posizione si è senz'altro ammorbidita. Ma procediamo per ordine. E cominciamo col dire che "Scusate se esisto" non è una commedia all'italiana, non si pone cioè (in modo vanamente pretenzioso) come il film che vorrebbe rivoluzionare la nostra commedia nazionale: in altri termini -grazie a Dio-non è il cinepanettone corale "de sinistra". Però pur non essendo commedia all'italiana, finisce per assolvere a quei còmpiti che investivano le nostre gloriose pellicole dei vari Dino Risi: RACCONTARE L'ITALIA DI OGGI. E lo fa in modo delizioso e simpatico. Senza pretese. Oltretutto. Il risultato, come dicevo, è assai gradevole, pur non essendo il film esente da difetti, anzi. Facciamo allora che prima evidenzierò i CONTRO per poi passare -salomonicamente- ai PRO. Intanto Raoul Bova riveste un personaggio scritto a mio avviso piuttosto male in sede di sceneggiatura, traboccante di clichè sul mondo gay e sul suo "sentire", ma poi tutto il film è attraversato da macchiette omosessuali quasi tutte fastidiose. Evidentemente si è calcata la mano in questo senso per ammiccare ad un pubblico vasto (da multisala), ci può stare...ma anche no. Sono poi presenti alcuni personaggi le cui azioni e derive sono ampiamente prevedibili nella loro evoluzione. Inoltre io trovo che il (complesso?) rapporto tra i due protagonisti si compia attraverso un percorso scontato e -anche qui- ammiccante verso un pubblico medio. Insomma il difetto complessivamente più evidente sta in un imprinting generale che -attenzione- non lo voglio definire RUFFIANO, ma PIACIONE sì, e alla stra grande. E' un'opera che trovo impregnata di piacioneria, ecco. A quanto appena esposto, fa da contrappeso una recitazione straordinariamente sensibile e professionale di una clamorosa Paola Cortellesi che -al contrario di un (a tratti patetico) Raoul Bova- svetta per simpatia, estro e comunicatività. La Cortellesi (ma non c'era bisogno di conferma) è la sola grande attrice comica che abbiamo nel nostro cinema nazionale. Anzi, se posso azzardare, secondo me ha talmente tante frecce al proprio arco che potrebbe tentare un ruolo drammatico, prima o poi. Per inciso, anche il commento musicale è di estremo buon gusto. Sono presenti poi (accanto a qualche personaggio di contorno alquanto scontato e prevedibile) dei caratteristi davvero interessanti e perfino geniali. Ci sono dei momenti davvero esilaranti: impossibile non sorridere di fronte ad una Cortellesi derubata con l'inganno del proprio motorino che corre per la brulla periferia romana gridando "Al ladro! al ladro!" o quando (ancora lei) guarda con (sapienti) occhi perplessi la zia che le parla in un linguaggio dialettale arcaico. Io credo poi che la figura della Cortellesi che arranca goffamente (che più goffa non si può) sul suo fedele motorino, è un'immagine che non ha prezzo, quasi da cult . Ma qui c'è da fare anche un discorso di fondo che non può che nobilitare un film di per sè forse modesto: la vicenda (ovviamente "romanzata" ad arte) si basa sulla vita vera di tale Guendalina Salimei, architetto, che è autrice di un impegnativo progetto per la riqualificazione sociale e architettonica del quartiere romano del Corviale, abbandonato nei decenni a se' stesso e tristemente devastato dalla noncuranza (vedi Torsapienza). Insomma, un film che può divertire sul serio, a patto che si sorvoli (e non è detto che sia facile) su alcune idee un pò "adattate" in direzione del consenso popolare (in questo senso il "consenso" non è mancato, materializzato in incassi più che rilevanti al botteghino).
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