Regia di John Huston vedi scheda film
Questo è l’ultimo film girato da Marilyn Monroe e anche da Clark Gable. Il grande e fascinoso Clark, infatti, morì il 16 novembre 1960, due giorni dopo il termine delle riprese, molto faticose per lui che non aveva voluto controfigure.
Tutto il film, comunque, al di là delle scene del rodeo e della lotta con i cavalli, impegnative fisicamente per gli attori, era stato pesante da girare, anche per la perenne insoddisfazione della Monroe, che costrinse lo sceneggiatore Arthur Miller, ancora suo marito (dopo il film chiederà il divorzio), a intervenire quotidianamente sul set, per assecondare i suoi “capricci”, cosicché la sceneggiatura fu costruita su misura per lei. La vedova Gable, allora incinta, lanciò alla Monroe l’ingiusta accusa di averle ucciso Clark con le sue bizze e col clima di tensione che era riuscita a creare sul set, il che testimonia l’atmosfera surriscaldata in cui avvennero le riprese, non solo, naturalmente, perché furono girate in Nevada!
Il film ci presenta dapprima l’incontro casuale, avvenuto a Reno, in Nevada fra e Roslyn (Marilyn Monroe), che è in attesa della sentenza di divorzio, e Guido (Eli Wallach), pilota d’aereo e meccanico in un’officina. I due si rivedranno al bar, dove la donna, in compagnia di un’amica, festeggia la ritrovata libertà: l’uomo è ora insieme a Gay (Clark Gable), cowboy un po’ più anziano, casualmente in città, in attesa di tornare nelle sterminate praterie della zona. Come potremo verificare nel corso del film, Guido e Gay condividono una visione del mondo profondamente individualistica: delusi entrambi, per ragioni diverse, nella vita amorosa, ora trovano il loro piacere e la loro vita solo nei grandi spazi, nel rapporto diretto con la natura, con la quale vogliono misurarsi. Detestano entrambi la vita cittadina “sotto padrone”, che, ai loro occhi, umilia la dignità degli uomini veri, quelli che armandosi del solo coraggio raccolgono le sfide che la natura offre, che si tratti della caccia alle aquile che uccidono gli agnelli, oppure agli animali nocivi che distruggono i raccolti, o della cattura dei cavalli selvaggi, che, non essendo più utilizzabili come animali da compagnia per i bambini, vengono macellati per ottenere cibi in scatola destinati ai cani. Entrambi sono attratti dalla bellezza e dalla grazia di Roslyn, ma sarà Gay, con la sua ferma dolcezza e con la sua comprensione ad attrarla, perché, come emerge nel corso della narrazione, Roslyn non è solo bellissima e piena di charme, ma è sola, insicura e fragile e ha bisogno di un uomo che le dia affetto e tenerezza. Per una settimana Roslyn e Gay soggiorneranno nella casa di campagna di Guido, che grazie alle amorevoli attenzioni di lei acquista nuovamente l’aspetto di un’abitazione decente, mentre Gay si dedica all’orto e si guarda attorno, alla ricerca di occasioni di lavoro. Dopo un volo a bassa quota sull’intera zona, Guido annuncerà ai due di aver individuato un gruppo di 15 cavalli mustang, razza quasi estinta, che potrebbero essere catturati, con l’aiuto di qualche cacciatore esperto, probabilmente rintracciabile nel corso del rodeo di Dayton. Sarà Perce (Montgomery Clift) a unirsi ai due cacciatori per formare il terzetto pronto a catturare i cavalli selvatici. Si prepara a questo punto, introdotta dalle scene del rodeo e degli incidenti gravi a Perce, l’ultima parte del film, la più suggestiva e memorabile, anche se, a mio avviso, alcune scene girate nel locale appena fuori dall’area del rodeo sono da antologia e rivelano l’eccezionalità della direzione di John Huston: scene sinistre, minacciose, presagi di morte, forse, certamente segnali di decadenza e di disumanità. La vecchia beghina che nel bar affollato raccoglie avidamente i soldi per il cimitero; la rissa per le troppe mani che si allungano sulle curve di Roslyn che si esibisce in una specie di gioco dello yo-yo, accompagnato da ritmici movimenti delle anche; il volto inebetito del bambino a cui hanno fatto ingollare un bicchiere di whisky; le risate sgangherate e sguaiate della gente nel bar, tutto insomma sottolinea la diffusa violenza, impulsiva e barbarica, giustificata e nobilitata dal vetusto stereotipo del West, quale mitica terra di uomini veri, insensibili al dolore, alla sofferenza, alle ingiustizie; uomini duri di cuore e incapaci d’amore. Questa parte è quasi la necessaria premessa della successiva rappresentazione, molto famosa, in cui gli “uomini veri” affrontano i fierissimi e dignitosi cavalli in libertà, mentre invincibile cresce la repulsione per la violenza nel cuore di Roslyn, ben decisa a rompere ogni legame anche con Gay, se i basilari principi di umanità e di empatia con tutte le creature deboli non troveranno posto anche nel cuore di lui. Si tratta di un dramma che si svolge in un paesaggio di grande suggestione, in cui solo apparentemente i tre sono animati dal coraggio che ha contraddistinto gli antichi pionieri: come ormai ha ben capito Perce e come presto capirà anche Gay, queste lotte non hanno più alcun senso in un mondo che è cambiato profondamente.
Non resta che Guido, che esprimerà, per rabbia, egoismo e gelosia, tutto il suo disprezzo per il vecchio Gay, ormai destinato, secondo lui, al disonore di finire “sotto padrone”, per compiacere una donna.
Questo film, raccontandoci la storia di Roslyn e dei tre spostati, analizza mentalità e comportamenti delle due diverse anime dell’America negli anni ’60, una delle quali è caparbiamente conservatrice e incapace di accettare il cambiamento, mentre l’altra è più aperta alle novità che si affacciano proprio in quegli anni con la presidenza kennediana, più disposta al dialogo e al confronto.
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Un film in anticipo sui tempi,vero testamento di Clark Gable e Marylin Monroe,qui al loro ultimo film,io pero' preferisco ricordarlo per lo sguardo dolente del grande Monty Clift,attore che ho sempre ammirato in modo illimitato.Da ricordare le note che chiudono il tuo bel commento,sulle due diverse anime dell'America negli anni sessanta,attraverso il comportamento degli interpreti.....e' vero ,si andava verso un cambiamento presidenziale nel Paese.Grazie Laulilla....e' un piacere leggerti.
E' una vecchia recensione, che ho inviato, avendo aggiunto questo titolo alla Playlist di marco.bi "I Migliori film western". Con un po' di forzatura (perchè questo non è propriamente un western, anche se presenta molti degli elementi di quei film), ritengo che in quella lista possa degnamente stare, poiché in fondo è una lucida presa di distanza dal mito del West, in un clima ormai profondamente mutato. Le due Americhe, secondo me, ci sono ancora: basta vedere la totale incompatibilità dei programmi politici dei due candidati alla vigilia delle elezioni presidenziali; la guerra civile non è stata ancora metabolizzata, come d'altra parte ci ha spiegato Tarantino, anche molto bene! Grazie a te! :)
grazie Laulilla
Ciao Laulilla...È bello scoprire per caso di essere nominati...Per me non sbagli questo è un western moderno. Sono qui perché l'ho appena rivisto e colpito volevo recensirlo ma la tua e le altre sono più che sufficienti a mostrarne il valore e il significato e a parte un piccolo studio sugli altri protagonisti perdenti di di Houston non saprei aggiungere altro. Un salutone.
Ciao, Marco bi. Come avevo spiegato a Ezio, questa era una vecchia recensione del mio blog . Porta la data 15 giugno 2012 (ore 1,30) e l'avevo postata qui per aver aggiunto il film alla tua Play. Non so spiegare perché avevo voluto recensire questo film magnifico, che ho amato fin dai tempi del primo cineclub della mia vita, quello dell'università che aveva in programma un ciclo su Jon Huston, a quei tempi ancora vivo. Con Huston ho imparato ad amare il cinema. Il tuo commento mi ha fatto piacere. Un salutone ricambiato. :-)
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