Regia di Alberto Marin vedi scheda film
Debutto spagnolo dietro la macchina da presa per un regista italiano, opzionato in precedenza in altri ruoli per la Filmax di Julio Fernández. Centesima (per difetto) versione del già derivativo Cabin fever, con il solito contagio in arrivo dall'acqua. Girato, peraltro, malino.
Will, Christy, Michelle e Antonio sono giovani docenti, internazionali, destinati ad un campo estivo spagnolo, raggiunto qualche giorno prima dell'apertura. Passano qualche ora problematica, per via di un pozzo privo d'acqua ma questo è niente: nel giro di poco una strana epidemia, con effetti simili alla rabbia, si manifesta colpendo per primo Antonio.
C'è da sforzarsi, non poco, per arrivare a scrivere quattro righe di trama in questa ennesima trovata Filmax di Julio Fernández: casa di produzione spagnola simile alla Blumhouse americana (ma da molto più tempo sulla scena a fare danni) che predilige, in fatto di titoli, puntare alla quantità (ossia al ritorno economico: per carità cosa più che lecita) invece che alla qualità.
Qui viene coinvolto l'italiano Alberto Marini, già solidale collaboratore della casa in altri ruoli (produttore e sceneggiatore). Ha l'opportunità di debuttare sotto copertura iberica, con un budget ed una logica distributiva certamente invidiabile per un esordiente italiano. Ma lo fa con un brutto soggetto che pare quasi una versione povera, epurata dei nudi e tardiva -là una baita qui un rustico campus- di Cabin fever, con l'acqua (manco a dirlo) portatrice di virus non meglio specificati: in derivazione cioè da un camper limitrofo dove gente strana (ma strana forte) si diletta in inutili ricette mescolando a casaccio piante e funghi.
Ora è evidente la debolezza dello script, anche per un exploitation di poche pretese qual è questo Summer camp. Il fatto poi che l'azione entri nel vivo quasi subito rende ancor più incredibile la sensazione, ad ogni minuto che passa, che si prova, ovvero di buttare via del tempo durante la visione. La regia è quella classica (purtroppo) di tanto horror post 2000, ovvero delle riprese sghembe, sfocate e tremolanti pur non trattandosi di POV.
Gli effetti speciali latitano, mascherati dietro riflessi o giochi d'ombra in grado di rendere l'idea che cose sanguinose stiano accadendo. E infatti per 85 minuti 4-personaggi-4 continuano a rincorrersi e a fare grugni e urla (immaginiamo la sceneggiatura, un profluvio di ah, oh, uh) senza sosta, barricandosi spesso all'interno delle stanze del capannone adibito a campus. Anche l'asso nella manica, la trovata del contagio "a timer", viene speso male, ovvero alla nausea: un po' a te, un po' a me, questa "rabbia" viene e va'... da sé. Non ci sono più i produttori di una volta, se nel 2015 si ripete così la solita minestrina inodore, insapore e... incolore. Filmax, un nome, una garanzia: i cui prodotti sono da evitare come la rabbia, la peste, o qualunque altro tipo di virale epidemia!
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