Regia di Mike Flanagan vedi scheda film
Se il film riconduce la condivisione dei sensi di colpa all'interno di un meccanismo in grado di materializzare sogni ed incubi come i fantasmatici simulacri del pianeta Solaris, questo thriller di amori materni prematuramente interrotti si risolve nell'alternanza di noiose scene di vita domestica e di telefonati sussulti del paranormale.
Coppia di coniugi che ha da poco perso il giovane figlio in un incidente domestico, adotta un orfanello in età scolare che dorme poco e colleziona farfalle. Non ostante vengano avvisati per tempo che le due precedenti famiglie adottive siano misteriosamente scomparse nel nulla e che l'unico testimone è stato internato in un ospedale psichiatrico, non si insospettiscono quasi per nulla. Almeno fino a quando il fanciullo cade sfinito fra le braccia di Morfeo...
Da uno che è nato a Salem, che ha diretto quasi esclusivamente film de paura e che si barcamena tra i supplizi inferici delle produzioni indipendenti, non ci si aspetterebbe mai che faccia il prezioso, contestando la facile cataolagazione di questo dramma fiabesco formato famiglia (adottiva) come l'ennesima variante di un abusato clichè horror. In realtà a ben guardare, i riferimenti alla tradizionale figura del Boogeyman, piuttosto che al pregiudizio dickensiano imperante nel cinema americano sui graziosi pargoletti di famiglia ignota facili alle lusinghe del Demonio (The Omen, Case 39, Orphan), il film di Flanagan predilige la rappresentazione favolistica di una dolorosa elaborazione del lutto attraverso l'emersione del rimosso nelle mostruose forme di un essere protoplasmatico creato dalla vivida fantasia di una giovane mente scossa anzitempo da un evento traumatico e incomprensibile. Se la scrittura filmica rivela quindi una certa sensibilità nel ricondurre i temi di una contingente condivisione dei sensi di colpa all'interno di un meccanismo del fantastico in grado di materializzare sogni ed incubi come i fantasmatici simulacri del pianeta Solaris (tra farfalle policrome e iridescenti con e senza antenne, scene strazianti di un Natale che non verrà mai più ed uomini-cancro bisognosi solo d'una parola d'affetto), questo thriller di amori materni prematuramente interrotti si risolve nella più banale alternanza di noiose scene di vita domestica e di prevedibili e sporadici sussulti del paranormale: tra genitori adottivi fin troppo comprensivi, coscienziosi pargoletti che si fanno di Red Bull, bulli scolastici che fanno una brutta fine, psicoterapeuti di gruppo che la sanno lunga sulle allucinazioni ipnagogiche ed immancabili assistenti sociali di rara ottusità. Vabbè la metafora della farfalla come embrione di una coscienza sopita pronta a liberarsi dal bozzolo e librarsi nel fragile volo d'un giorno di vita, ma l'escalation del terrore all'acqua di rose si risolve poi tra le banalità di misteriose dipartite su cui la polizia glissa amabilmente ed un finale terrifico e rivelatore dove la bella di turno dalle iridi bicolori alla David Bowie rivela l'arcano attraverso l'elaborazione metacinematografica dei flashback che il regista pensa bene di montare a bella posta per spiegarci l'antefatto. Certo chi se ne andato non torna più (compresa la compagnia distributrice che porta il libri in tribunale e ritarda d'un anno l'uscita del film), ma tutto è bene quel che finisce bene e quelli che restano si va avanti lo stesso come una famiglia felice.
Post mediam noctem visus quum somnia vera (Orazio, Satire, lib.I, sat.10, v.33)
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