Regia di James McTeigue vedi scheda film
Date a James McTeigue una sceneggiatura ben scritta e avrete un risultato accettabile (V per Vendetta), ma passategli copioni approssimativi e otterrete film scollati (Ninja Assassin) o informi (The Raven). La legge di McTeigue colpisce ancora e, purtroppo, non in senso buono. La scrittura di Survivor palesa ambizioni spy rilanciando ininterrottamente linee narrative intersecate. Una addetta ai controlli antiterrorismo all’ambasciata Usa di Londra è incastrata da una cellula a matrice islamica; la stessa cellula progetta un attentato a New York; i servizi segreti abboccano e danno la caccia alla malcapitata, ricercata anche dal sicario a libro paga della cellula. Sottolineata la contemporaneità dell’approccio alla materia - esibita fin dal prologo (con due militari Usa arsi vivi in Afghanistan) e perseguita in flashback sull’11/9 e in infiltrazioni all’interno dell’ambasciata - e annotato il tentativo (in larga parte fallito) di connessione alla serialità di 24 in termini di montaggio, sottotesti e modalità di ripresa, tocca constatare l’assoluta mancanza di verosimiglianza negli snodi spionistici e nella definizione dei personaggi (l’impiegata diventa un fenomeno da guerriglia e il killer, capace di centrare un piccione a un chilometro, la manca ripetutamente da due metri). E mentre gli attori fanno a gara a chi esce più spesso dalla parte (vince McDermott, ovvio), McTeigue ci regala sequenze action che già negli anni 80 sarebbero state in ritardo sui tempi.
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