Regia di François Truffaut vedi scheda film
Truffaut nel suo cinema ha avuto anche un percorso dedito al genere come il suo sesto film La Sposa in Nero (1967), che segna senz'altro un risultato più felice dopo l'avventura inglese a tema fantascienza con Farenheit 451 (1966), il quale mostrava degli sbandamenti e una scelta degli attori non proprio felice. Aiutato da una spietata e glaciale Jeanne Moreau nel ruolo della sposa vedova Jeanne Moreau, Truffaut mette in scena l'ossessione amorosa spinta all'estremo che muove la protagonista, pronta a tutto pur di raggiungere i nome dei cinque uomini scritti sull'agendina e ucciderli uno alla volta architettando stratagemmi complessi per giungere all'obiettivo.
Tutti gli omicidi hanno in comune due colori; il bianco, che la donna sfrutta per attirare ognuno dei cinque malcapitati che finiscono con il desiderarla ed il nero, con cui la donna manifesta le sue intenzioni omicide trasformandosi in una spietata ed efficiente femme fatale.
Costruito secondo una struttura narrativa che fa uso di qualche flashback ed ellissi di montaggio, il film cerca di unire soluzioni tecniche della Nouvelle Vague, con elementi di genere tipici del cinema americano specie guardando al cinema di Hitchcock per cui il regista ha un'ossessione forte quanto la protagonista del film, oltre a Bernard Herrmann alla colonna sonora, abbiamo riferimenti espliciti a film come Marnie (1964) nella scena iniziale e nell'uso accorto del colore con chiari connotati simbolici, nonché le carrellate a seguire ed il montaggio costruito per inscenare i delitti.
Più che sulla suspance in sé, poiché la protagonista alla fine compie i suoi omicidi con estrema facilità, il film punta all'approfondimento psicologico di tutti i personaggi principali, in special modo le vittime che sono di varia estrazione sociale ed ognuna avente una propria vita con i propri problemi, ma tutte hanno in comune una certa ossessione per le donne, chi come passatempo libertino (Bliss), chi come ideale lontano di perfezione (Coral) e chi come soggetto della propria arte (Fergus); in sostanza tranne il signor Delvaux dedito in attività illecite, tutte gli altri quattro sono persone rispettabili.
Certo, la trama non è molto credibile sia nelle premesse, sia nella ricerca da parte di Julie dei cinque uomini (come fa a trovarli se non sapeva nulla di niente su di loro?) e nelle dinamiche di un paio di omicidi tra cui il primo ed il quinto, dove c'è una forte sospensione dell'incredulita' nelle scelte narrative. Difetti che in realtà si riscontravano nei film di Hitchcock anche, ma quando il regista inglese doveva mettere in scena degli omicidi o tentativi di essi, non commetteva alcun errore. Truffaut come detto compensa con un approfondimento psicologico dei personaggi ed un secondo e quarto omicidio implacabili dal punto di vista figurativo, specie quello riguardante il pittore Fergus (Charles Denner), il quale ci delizia con le sue concezioni artistiche e vittima di un omicidio che svela la dualità intrinseca nella protagonista, un nudo dipinto sulla parete che la ritrae come oggetto ossessivo e il vestirla come Diana la cacciatrice quando la usa come modella dei suoi dipinti. Ottimo successo di pubblico, mentre la critica all'epoca si dimostrò un po' fredda per quello che un fondo è anche un esercizio cinefilo, ma capace di ispirare più di un epigono, tra cui Kill Bill di Quentin Tarantino (2004-2005), che pur affermando di non averlo visto (bugiardo), ha preso l'impalcatura base ed il ruolo della sposa, infarcendo il tutto con forti dosi di ultra-violenza e postmodernismo spinto.
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