Regia di François Truffaut vedi scheda film
“La vendetta è una sorta di giustizia selvaggia” (Francesco Bacone)
Julie Kohler è sui gradini prospicienti la chiesa ove si è appena sposata con il suo adorato David. E’ la conclusione del suo più grande desiderio, alimentato sin dalla tenera età, verso questo ragazzo allegro e scanzonato, suo costante compagno di giochi, verso il quale l’affetto si è tramutato in un amore travolgente. Ma, all’improvviso, un colpo di fucile spenge la vita di David e con lui anche la sua, le sue speranze, i suoi progetti. Completamente distrutta cerca di ammazzarsi, ma viene salvata dalla madre. Riflettendo, considerando che la Giustizia non ha saputo farsi valere e che il suicidio non può essere la migliore soluzione, prende freddamente la decisione, la “missione”, di identificare il od i colpevoli e di ucciderli. Con gli anni riesce a trovare i nominativi di cinque persone coinvolte e verso di loro, con freddezza e lucidità, senza un minimo di pietà, si presenta come angelo vendicatore, uccidendoli tutti.
Truffaut con la sua grande perizia che, a mio parere, lo ha reso il miglior regista francese, trae ispirazione dal romanzo “The Bride Wore Black” di William Irish (pseudonimo di Cornell Woolrich) ed impronta il suo film tutto sulla vendetta, dando a questo termine un significato non dispregiativo, ma di inevitabile soluzione per una palese ingiustizia, irrisolta per vie normali. E’ affascinante il modo in cui costruisce la sua storia, impiegando come dark lady una splendida Jeanne Moreau, col suo caschetto di capelli neri, il volto bellissimo, gli occhi severi, la bocca carnosa. Il regista (e sceneggiatore insieme a Jean-Louis Richard) cura attentamente le caratteristiche dei personaggi, mettendone bene in luce i loro difetti caratteriali, senza mai appesantire le loro responsabilità, ma ampiamente sfruttati da Julie nell’approccio e “liquidazione”. Si cita spesso l’influenza di Hitckcock (regista molto apprezzato da Truffaut), ma a mio avviso l’unico punto di contatto è, come consuetudine del maestro inglese, l’aver svelato, tramite brevi flashback, in anticipo i retroscena ed i motivi della sequela di omicidi che vengono compiuti. In realtà Truffaut compie una opera originale, ove le sue peculiarità e la sua sensibilità vengono ampiamente messe in risalto: la descrizione delle modalità dei singoli omicidi, l’approccio vario di Julie nei confronti delle “vittime”, spesso giocando sul mistero che aleggia attorno alla sua figura, i dialoghi quasi sempre scarni, spesso scostanti e freddi, i modi diversi usati per le esecuzioni, non hanno nessun nesso con Hitckcock. Il film, apparentemente impostato come una serie di episodi, è in realtà un corpo unico correttamente e temporalmente coeso per la presenza di una Moreau, strepitosa, che tiene uniti i vari momenti della narrazione.
“La suspense è in sé spettacolo. E’ l’arte di mettere il pubblico nell’azione, facendolo partecipare al film” è quanto dice Truffaut. Ed il risultato è palpabile. Lo spettatore si immedesima nella figura di Julie. Si accorge che è una donna determinata, forse crudele, ma non malvagia: non vuole coinvolgere nessuno al di fuori dei cinque bersagli, addirittura rischiando nel telefonare alla polizia per scagionare un’insegnante, della quale aveva preso in prestito il nome e l’identità e rischia ancora quando si trova in presenza dell’amico del primo “giustiziato”, ma non fa nulla contro di lui. Si tifa per lei. Si desidera ardentemente che riesca a compiere la sua missione. E, quando si ode l’urlo di morte dell’ultimo della lista, il peggiore dei cinque ed il vero colpevole della morte di David, mentre risuonano le note della marcia nuziale di Mendelssohn, si avverte nettamente un senso di sollievo: missione compiuta, giustizia è fatta. Leggendo varie valutazioni si dice che il regista non fosse molto entusiasta di questo film. Si può capire la sua disillusione, pochi sono soddisfatti delle proprie creazioni, ma a mio avviso è una delle sue opere meglio congegnate e riuscite. Il film inoltre si avvale di una bellissima colonna sonora di Bernard Herrmann. Voto 9
Ottima, calzante e di sostegno alla narrazione
Al contrario di quanto l'autore abba considerato questo film, a mio avviso è uno dei migliori partoriti da suo genio creativo
Di fisico minuto, è un gigante per bellezza e, soprattutto, per capacità recitativa
E' il secondo morto, il signor Coral. In fondo è un poveraccio dalla squallida esistenza. Dice di sè "in fatto di solitudine sono un esperto". Ottima prestazione
Amico intimo di Bliss, donnaiolo senza speranza. Prestazione ottima
E' il politico Morane che, rinchiuso nel sottoscala, racconta come sono avvenuti i fatti che hanno portato a morte David. Buona interpretazione
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