Regia di François Truffaut vedi scheda film
Truffaut incontra (e finalmente) Hitchcock. Con doverosa riverenza l'allievo fino a quel momento si era al massimo limitato nella citazione del maestro, o in qualche blanda imitazione/ispirazione colta qua e là. Qui invece Truffaut percorre tutto l'itinerario del cinema classico usualmente adoperato dal maestro della tensione, ricostruendo con perizia e curiosità le vicende di una serial killer assetata di vendetta ed inarrestabile (cioè peraltro il soggetto di Kill Bill, circa quarant'anni dopo, di Tarantino). Gli indizi vengono forniti piano piano, tutto ciò che vediamo è in funzione della protagonista e della sua rabbia cieca, del suo odio. Il finale è il tocco beffardo che chiude il cerchio, consegnando al pubblico un lavoro completo ed impeccabile. Non è certo un caso che a compiere la vendetta più crudele e sanguinaria sia chiamata una donna, e che gli uomini appaiano tutti piuttosto superficiali, infantili, vuoti (tranne forse il pittore, davanti al quale infatti la protagonista ha qualche tentennamento). Tratto da un romanzo di Irish, come sarà anche La mia droga si chiama Julie, due anni dopo.
Cinque amici, giocherellando con un fucile, fanno esplodere accidentalmente un colpo. Colpiscono lo sposo che stava uscendo dalla chiesa in quel momento. Qualche anno dopo, la sposa rintraccia i cinque e compie una personalissima giustizia; uno degli uomini è però finito nel frattempo in galera. La donna confessa, in modo da poter essere rinchiusa a sua volta in prigione.
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