Regia di François Truffaut vedi scheda film
Il giorno del suo matrimonio, sulle scale della chiesa, Julie Kohler (Jeanne Moreau) vede uccidere lo sposo da un proiettile proveniente dal palazzo di fronte. La donna, accecata dal dolore, tenta il suicidio ma viene fermata in tempo; decide allora di vendicarsi, cercando i responsabili della morte del marito e uccidendoli uno per volta.
François Truffaut non ha mai nascosto la propria ammirazione per lo scrittore statunitense William Irish (alias Cornell Woolrich), le cui opere sono state frequentemente riprese al cinema nel corso degli anni; persino Sir Alfred Hitchcock si ispirò ad un racconto di Woolrich per realizzare uno dei suoi capolavori, ovvero "La finestra sul cortile". E, come tutti sanno, Truffaut fu uno dei più grandi estimatori del genio di Hitchcock, che finì per divenire un vero e proprio mentore per il cineasta francese.
"La mariée était en noir", tratto appunto da un'opera di William Irish, cioè "La sposa era in nero", è innanzitutto un sofferto ritratto di una donna annientata dal dolore, animata solamente da un sentimento di vendetta verso coloro che l'hanno privata del suo sposo (seppur involontariamente, come si scoprirà nel corso del film).
Julie Kohler è quindi una sorta di automa, "un angelo della morte" che non si pone domande o scrupoli, determinato a portare a termine il suo "compito" fino in fondo; volendo azzardare un paragone con la mitologia greca si potrebbe accostare Julie alle "Erinni", ovvero le personificazioni femminili della vendetta.
Eppure, ciononostante, il personaggio di Julie non è mai antipatico né sgradevole, anzi Truffaut riesce addirittura a rendere lo spettatore partecipe del dolore della protagonista, e in tal modo consente al pubblico di immedesimarsi nel personaggio e, in un certo senso, a farlo "parteggiare" per lei.
"Riuscirà Julie a portare a termine la sua vendetta?": è da questo interrogativo che nasce tutta la tensione del film.
Dal canto suo il regista non esprime alcun giudizio morale sulla condotta di Julie: la sua posizione è assolutamente neutrale. La regia è secca e oggettiva, elegante ma priva di orpelli inutili, perciò molto funzionale all'azione.
E nonostante la grande quantità di omicidi commessi durante il film, Truffaut, con una splendida intuizione, riduce al minimo le scene di violenza, scegliendo di mostrarle il meno possibile: basti pensare all'uccisione dei personaggi di Morane, Fergus e Delvaux.
Superba la performance di Jeanne Moreau, in una delle sue più belle interpretazioni; ottimi i vari comprimari, tra i quali spiccano Michel Bouquet, Charles Denner e Michael Lonsdale.
Notevole la colonna sonora (del grande Bernard Herrmann, già fedele collaboratore di Hitchcock), volutamente assente in alcune sequenze, ma sfruttata in tutta la sua forza poetica in altre, come la scena in cui il pittore dipinge Julie sul muro del suo studio.
Meno reclamizzato rispetto ad altre opere di Truffaut, "La sposa in nero" è in realtà uno dei suoi film più geniali e riusciti, assolutamente da recuperare per chiunque ami e ammiri la poetica di questo grande autore.
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