Regia di Giuseppe Ferlito (II) vedi scheda film
Mary ha diciott’anni, una madre manager che non vive le due qualifiche in quest’ordine e un fidanzato con la faccia da cucciolo e le cicatrici da teppa. Le trasgressioni liceali sono affrontate dalla genitrice con respingente rigore, e dopo un grave incidente domestico Mary finisce in clinica, coagulo di tipi umani ricalcati dal prontuario del disagio psichiatrico. Tra Ragazze (platealmente) interrotte - la bella ribelle affetta da disturbo della personalità, esibito in superfluo overacting; la bambolina con le scocche rosa cartoon, figura muta più decorativa che contemplativa -, il film lavora sulla stratificazione di suggestioni (il reparto come teatro degli orrori, la malavita come ribalta del povero cristo), ma salta ingenuamente i gradini del nucleo (il rapporto tra madre e figlia è risolto in uno sbrigativo avvicinamento dettato dall’associazione amore-calore). Il giorno che sta per arrivare - annunciato da una battuta tanto scandita quanto posticcia - è preceduto da una coltre nebbiosa di sottotrame, affidate a dialoghi spesso incredibili e simbolismi troppo facili. Una mela lasciata sul comodino della paziente anoressica mostra la speranza nel segno d’un morso, una moneta portafortuna danza tragica sul tavolo in attesa che il destino si compia. Mentre il fidanzato di Mary tenta la scalata alla Roma criminale, la regia prova a seguirne il Romanzo, ma è nel grigiore alienante della clinica che mette a segno la scena topica: la processione di anime perse che, sguardo in macchina, ingoiano la pillola.
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