Regia di Elia Kazan vedi scheda film
Lo splendore nell'erba è, secondo il poeta Wordsworth, quella bellezza che non si rinnova e che, per una ragione o per l'altra, è irrimediabilmente perduta. di ciò che resta di quello splendore svanito - quindi con il suo ricordo - si deve godere «ancor più saldi in petto». Filosofia probabilmente discutibile, anche a giudicare dalle opinioni, talvolta inconciliabili, che si leggono in relazione al film di Elia Kazan. Che resta, a mio parere, un buon melodramma di critica sociale e più ancora etica. Il regista di origini anatoliche potrà non rimandare buoni ricordi a coloro che si professano di sinistra, in questi nostri giorni nei quali lo si può fare anche comodamente seduti in poltrona. Si può senza dubbio simpatizzare con attori come Nick Nolte ed Ed Harris, i quali rifiutarono ostentatamente di applaudire Kazan allorché nel 1999 fu insignito del Premio Oscar alla carriera, ma non si potrà mai negare a questo regista la sua bravura nell'arte cinematografica.
Nel 1961 Kazan aveva già sbollito i giovanili ardori comunisti, aveva già tradito compagni di fede politica e colleghi di lavoro, cercando di barcamenarsi alla meno peggio nei meandri del maccartismo, e probabilmente aveva già diretto i suoi lavori migliori. Anche in Splendore nell'erba, come spesso ha fatto nei suoi film, ha tentato di raffigurare, comunque, una tensione (sovente frustrata) verso la giustizia che, non sempre realizzabile nella vita, è quanto meno rappresentabile e proponibile sulla pellicola. (1 maggio 2017)
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