Regia di Elia Kazan vedi scheda film
"Straziante" è la parola più adatta per descrivere questo bellissimo melodramma. E' un film di forte intensità emotiva, ma la sua visione fa male, fa soffrire, come provoca sofferenza qualsiasi costrizione esercitata su una persona nella sfera dei sentimenti. La descrizione fiammeggiante del primo amore cede gradualmente il posto a quella della disperazione per l'ostilità di un puritanesimo familiare e sociale ottuso e crudele, fino a un finale di profonda malinconia e di struggente riconciliazione. Kazan orchestra da maestro la pellicola e non ha paura di rischiare su un soggetto delicato, che non scade mai nel ricatto emotivo o nel compiacimento (il merito è anche della sceneggiatura del drammaturgo William Inge, premiata con l'Oscar). E la direzione degli attori è eccellente, con Natalie Wood nel ruolo della sua vita, straordinaria Deanie Loomis di cui rende con grande forza la vulnerabilità e la dignità calpestata, tanto che avrebbe meritato un Oscar sicuramente più di Sofia Loren, un buon esordio da protagonista di Warren Beatty, ma anche ottime interpretazioni di Pat Hingle, Audrey Christie e Barbara Loden, futura moglie del regista, nel controverso personaggio di Ginny, piuttosto sopra le righe ma necessario al senso della vicenda. Da citare anche la fotografia di Boris Kaufman, ricchissima di tonalità e potentemente evocativa. Oltre al finale straziante di "ritrovamento" fra Deanie e Bud, memorabile la scena in cui la Wood in lacrime spiega alla professoressa il significato della poesia citata nel titolo. Comunque, la lezione più preziosa che ci viene da questo film è che la vita, nonostante i dolori e i fallimenti, va avanti, e bisogna sempre trovare il coraggio di affrontarla e di ricostruirla: questo sembra aver compreso nel finale Deanie, e il suo sguardo si placa in una ritrovata serenità. voto 9/10
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