Regia di Alberto Rodriguez vedi scheda film
Spagna, 1980. Pochi si sono abituati alla democrazia, qualcuno rimpiange il franchismo, su certi crocifissi ancora campeggiano i santini di (in senso orario) Franco, Salazar, Hitler e Mussolini. In una cittadina andalusa scompaiono due adolescenti inquiete, e Madrid manda un paio di poliziotti esperti e male assortiti. Uno, riottoso e progressista, vorrebbe essere altrove; dell’altro si intuisce un certo sardonico cinismo mascherato da joie de vivre, scosso da battute sul “si stava meglio quando si stava peggio”. Le ragazze intanto vengono trovate. Morte. Non è stato un incidente. Il regista del poliziesco Grupo 7 (2012), Alberto Rodríguez, torna con un giallo che per impianto e ambientazione ricorda un po’ True Detective (prima stagione): acqua, acquitrini, canali a perdita d’occhio, oggetti inquietanti a mo’ di feticci di morte, veggenti, superstizioni, oltre al cuore nero di sbirri dal grilletto facile. Ma La isla mínima è Europa, il continente che fatica a fare i conti con il proprio passato, ed è Spagna, con il suo grumo di riconciliazioni mancate e rimozioni persistenti. Il vero scenario del film, vincitore in patria di ben 10 Goya (gli Oscar iberici), è la storia con la s maiuscola, riflessa nei tic di una provincia remota e diversamente “interpretata” dai due poliziotti protagonisti. Il fatto che il democratico sia antipatico e violento, e il fascista violento e simpatico, crea qualche ambiguità morale? Certamente: è un noir, signori miei, non giriamoci attorno, deve essere questa cosa qui. Rodríguez, anche sceneggiatore con Rafael Cobos, lo sa perfettamente e non cerca scorciatoie nel descrivere un piccolo mondo antico spaventato dal nuovo, i cui bravi abitanti nascondono carnefici in case abbandonate. Acqua e polvere: un contesto marziano dove un inseguimento notturno a fari spenti diventa astratto, e dove nelle fosse sono ricoperti, oltre ai cadaveri, indicibili segreti. Il cattolicesimo dovrebbe essere un mastice culturale e identitario, ma in La isla mínima di sensi di colpa non ne ha davvero nessuno. Come diceva il vecchio adagio: nous sommes tous des assassins, siamo tutti assassini. Il successo di pubblico del film in Spagna è stato tale che le location andaluse sono diventate meta turistica.
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