Regia di George C. Wolfe vedi scheda film
Kate ha una casa perfetta, proprio come la sua vita: è ricca, ha un lavoro che ama, un marito affettuoso, un passato da pianista di successo, amici che somigliano ai protagonisti di una pubblicità patinata. Bec conduce un’esistenza disordinata come l’appartamento che divide con l’amica Jill: molla e riprende l’università, si sbronza al pub, ha fugaci avventure di una notte e una relazione inconcludente con un professore sposato. Un tremito delle dita sui tasti sgretola l’idilliaco castello di Kate: un anno e mezzo dopo la diagnosi di SLA, la donna non è più autosufficiente e, per qualche ragione, sceglie di affidarsi alla scombiccherata Bec invece che a una vera infermiera. Ispirato a un romanzo di Michelle Wildgen, non è un remake statunitense e al femminile di Quasi amici, nonostante le apparenze: sprazzi di commedia sono relegati al primo atto e affidati all’inadeguatezza di Bec; poi il film si concentra sull’amicizia tra due personalità opposte e, naturalmente, sul dramma di una malattia terribile che non prevede speranza né lieto fine. Se Qualcosa di buono non naufraga del tutto nelle formule ricattatorie da film strappalacrime, è per le interpretazioni principali: Hillary Swank fa valere i due Oscar e dipinge un calvario rassegnato tutto di dettagli, Emmy Rossum ripropone una versione meno rabbiosa del suo personaggio nella serie Shameless, inseguendo con pudore il corpo di Kate, fino a diventarne una delicata estensione.
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