Regia di Fariborz Kamkari vedi scheda film
Rimasta senza un luogo in cui pregare, sostituito da un’hair stylist femminista, la comunità islamica di Venezia trova inatteso aiuto in un “indigeno” convertito e rinominato Mustafà, e soprattutto in un giovane e agguerrito imam giunto dall’estero. Una piccola armata Brancaleone tra calli e sestieri dichiara la sua guerra dei bottoni, mentre la macchina da presa stigmatizza con simpatia i fondamentalismi di una parte e la superficialità dell’altra. Il regista curdo Fariborz Kamkari, noto per I fiori di Kirkuk (2010), affronta con coraggio la commedia “all’italiana” scegliendo come location la città più rischiosa, data la sua turistica cinegenicità. Riesce a stare lontano dall’ovvio paesaggistico aggirandosi tra “fondamenta” vecchie e nuove e scoprendo, della Serenissima, una periferia anche dell’anima. Dove inciampa è invece sulla fluidità della narrazione, a tratti fuori registro, non sempre in grado di amalgamare il respiro comico e il grottesco. Anche i personaggi, sulla carta interessanti, dalla parrucchiera turco-francese al musulmano Battiston, incidono meno del dovuto, o dell’auspicato, senza che il film si elevi da una gradevolezza tenue. Da segnalare però il cast: il giovane imam è interpretato da Mehdi Meskar, magrebino francese cresciuto a Treviso, anche regista di cortometraggi; il suo più maturo ospite è invece Hassani Shapi, già maestro Jedi in Star Wars: Episodio I - La minaccia fantasma.
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