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White God - Sinfonia per Hagen

Regia di Kornél Mundruczó vedi scheda film

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La recensione su White God - Sinfonia per Hagen

di barabbovich
5 stelle

Scordatevi Lassie, Rin-tin-tin e anche Braccobaldo. Questa è la carica dei 101 moltiplicata per 2 con Cujo al posto dei dalmata. Comincia con un'interminabile scia di cani che scorrazzano in branco, a centinaia, per Budapest, in una città spettrale dove è scattato il coprifuoco, il film che si è aggiudicato il premio "un certain Regard" al festival di Cannes. Tutto comincia nei giorni in cui il cane meticcio Hagen e la sua padroncina (un'adolescente che suona nell'orchestra cittadina) vengono affidati per alcuni mesi al padre (Zsótér), giacché la madre della ragazza, da cui l'uomo è separato, deve andare all'estero. Il genitore non vuole saperne di pagare la tassa che il governo locale ha previsto per i cani sprovvisti di pedigree, sicché, in un afflato di grande umanità, abbandona Hagen per strada. Da qui ha inizio la via crucis del quadrupede: al randagismo dei primi giorni seguono i continui inseguimenti da parte degli accalappiacani, quindi la trasformazione da parte di un sordido scommettitore in un cane per scommesse clandestine negli scontri tra bestie feroci, infine la reclusione nel canile municipale. Da dove, "forte" delle dosi massicce di testosterone assunte in vista dei combattimenti, Hagen si trasforma in un efferato Masaniello alla guida di un branco sterminato. E il film - che fino a quel momento avrebbe potuto raccogliere l'applauso dei cinefili quanto quello dei cinofili - si trasforma in un revenge movie dalle tinte horror con tanto di gran-guignol.
Equamente ripartito tra presenze canine e umane, il film del magiaro Mundruczo è una metafora alquanto grezza sulla ribellione degli oppressi e sulle ingiustizie provocate dalle disuguaglianze sociali. La fiaba metropolitana tanto apprezzata nel festival transalpino ha indubbiamente il merito di aver filmato in maniera inusitata la torma canina, ma mira sfacciatamente a colpire duro lo stomaco dello spettatore, riuscendoci peraltro benissimo soprattutto nelle sequenze dell'addestramento di Hagen al combattimento e dandoci un macabro assaggio del mood filmico fin dalle primissime scene attraverso lo squartamento delle vacche nel mattatoio. Ci si appassiona alla sorte del meticcio protagonista fino a quando questa rimane nei binari della plausibilità. Ma non appena la scena viene lasciata agli umani, peraltro indistintamente tratteggiati con tocchi di assoluto manicheismo, il film collassa e tra cani-attori e attori-cani, i primi ci fanno una figura indiscutibilmente migliore. Il finale che sterza sul registro splatter recuperando la poetica de Il pifferaio di Hamelin fa rimpiangere la solidità del primo episodio di Amores perros, con tanto di citazione esplicita a La notte dei morti viventi.

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