Regia di Kornél Mundruczó vedi scheda film
Tre ragioni per non perdere questo film: Una: l’inizio. Due: la fine. Si tratta di scene di misteriosa e minacciosa bellezza, piena di angoscia l’apertura, di estasi la chiusura. Possiedono l’irrealtà ipnotica del sogno, invece appartengono al mondo della realtà filmata. Di entrambi sono protagonisti 274 cani (tutti provenienti da canili) e una ragazzina di 13 anni che è un’attrice sorprendente, una minuta divinità cinofila, intensa ed eroica, che ha contro tutto: la famiglia disintegrata, una umanità crudele e remota, i coetanei che la ignorano. Unico alleato, Hagen: un bastardo labrador, forse il miglior cane attore di sempre. A questo punto la vera recensione dovrebbe finire qui: cos’altro si può dire? Che il regista (anche attore: fa qui una particina) è ungherese, avrà 40 anni nel 2015, che il film ha vinto, a Cannes 2014, il Certain regard. Ma nulla spiegherebbe questa spietata parabola dove un cane, abbandonato, vive una tremenda avventura di violenza e degrado diventando, come Spartacus, capo di una ribellione che prende d’assedio l’intera città. Se Polanski facesse un remake di Lilli e il Vagabondo, ecco, verrebbe fuori una cosa del genere. Se non vi colpisce questo film - dedicato a uno dei più dimenticati e originali registi di tutti i tempi, l’ungherese Miklós Jancsó: ed è la terza ragione - lasciate perdere il cinema e dedicatevi tranquillamente a X Factor o a Candy Crush Saga.
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