Regia di Abderrahmane Sissako vedi scheda film
A Timbuktu, nel Mali, alcuni estremisti jihadisti hanno imposto presunte leggi coraniche secondo le quali sono proibiti il calcio, la musica e il fumo, le donne devono coprirsi persino le mani e ogni forma di autarchia viene repressa ferocemente. In questo clima da guerra civile, in un Paese arretratissimo dove però tutti possiedono un telefono cellulare e nel quale la babele linguistica rende ancora più difficili e reciprocamente sospetti i rapporti, il tuareg Kidane (Ahmed) vive con la sua famiglia lontano dalla città. Un giorno, nel tentativo di cercare un chiarimento con un pescatore che gli ha ammazzato una mucca, lo uccide accidentalmente. Verrà sottoposto a un ridicolo processo.
Il film di Abderrahmane Sissako ha il merito di mostrare, senza assumere una posizione manichea, la deriva parossistica dell'Islam, giocando soprattutto sul confronto tra un imam illuminato e un nugolo di militari fanatici e integralisti. Pur tenendosi a debita distanza da ogni retorica spettacolare, la forma - nonostante la notevolissima fotografia e con una scena magnifica come quella della partita a calcio senza pallone, girata in maniera esemplare - è però slabbrata nel racconto e il doppiaggio italiano è ben sotto il livello di guardia.
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