Regia di Ruben Östlund vedi scheda film
Boh.
L'armonia di una giovane famigliola in vacanza è minata da un episodio di presunta codardia del marito, che abbandona moglie e figli durante una valanga. Bla bla bla, la moglie rinfaccia al marito, il marito piagnucola, i figli puntano i piedi perché vedono che c'è maretta tra babbo e mamma. In mezzo, i soliti interminabili silenzi del cinema nordico più vieto. Il sottotesto del film è chiaro, sono le consuete cialtronate liberal: il classico attacco del cinema contemporaneo alla figura virile e alla famiglia tradizionale. E' la donna che porta i pantaloni in casa, mentre il padre è un povero babbeo smidollato senza senso della responsabilità. E in secundis, c'è l'attacco alla famiglia tradizionale, fragile edificio costruito con i mattoncini Lego che si sfarina al minimo soffio di vento. L'alternativa a questo vetusto istituto del patriarcato, ce lo suggerisce una delle amiche di villeggiatura della protagonista, è il poliamore (tradotto dal woke all'italiano: darla a chiunque con il consenso del partner). Ai tempi, nel 2014, le famiglie arcobaleno non erano ancora tanto di tendenza, altrimenti chissà...
A coronamento del nulla ideologico e cinematografico di questo desolante pamphlet, c'è un finale nonsense che riesce nel non facile cimento di peggiorare il già deplorevole ensemble dell'opera. E' un film talmente privo di anima che non ispira nemmeno il senso del brutto, o del ribrezzo, o finanche della noia, che è una minima forma di dignità e di senso. Ed infatti, wendersianamente parlando, non ci si può davvero annoiare, perché si resta per due ore in attesa di qualcosa che invero non accadrà mai. Ma non è forse l'attesa del piacere essa stessa il piacere, come diceva quel famoso spot? Voto: 0.
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