Regia di Abel Gance vedi scheda film
La rivalità amorosa tra due soldati francesi raggiunge il culmine proprio nei giorni conclusivi della grande guerra: entrambi partecipano a una probabile missione suicida, Jean si salva e François muore insieme a tutti gli altri; ma in precedenza Jean aveva rassicurato François promettendogli che, se gli fosse sopravvissuto, non avrebbe mai sposato la sua vedova. I primi 40’ sembrano un Orizzonti di gloria ante litteram: il fango, le cannonate, la paura, gli ordini insensati degli alti comandi, con in più un intrigante melodramma sullo sfondo. Poi l’equilibrio si perde: per un po’ Jean sembra un personaggio cristologico, votato all’ascesi (rinuncia all’amore, a una famiglia, a una vita normale), ossessionato dal ricordo dei compagni uccisi e tutto intento all’elaborazione di un progetto di pace universale; poi si rivela sempre più un alienato, la cui salute mentale è stata irrimediabilmente rovinata da una scheggia di pallottola rimastagli conficcata nella scatola cranica: un simile portavoce fa perdere credibilità al pur sacrosanto messaggio pacifista che dovrebbe veicolare. Il finale, poi, è uno sfrenato delirio barocco: intenzioni generose, toni fuori misura.
[Nota: questa recensione si riferisce alla versione sonora del 1938, che è piuttosto diversa dall’originale del 1919; la inserisco qui in mancanza della scheda relativa]
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