Regia di James DeMonaco vedi scheda film
"Benvenuti In America, dove una volta all'anno ogni crimine diventa legale": questo si legge e riassume efficacemente la locandina a proposito della cosiddetta "Notte dello sfogo".
Depurazione, espiazione, purificazione: questi aggettivi per esprimere il fine della notte al centro di The purge: ore che celebrano un avvenimento a cadenza annuale che nel prossimo e neppure troppo lontano 2023 è divenuto ormai una consuetudine, una ricorrenza di calendario, festeggiato, oggetto di culto, ma anche temuto come il peggiore degli incubi: ed in occasione del quale chi nutre risentimenti, rabbie mal sopite, rancori verso qualcun altro e per qualsiasi ragione, è sufficiente che attenda la predetta occasione per avere la possibilità di soddisfare le proprie pulsioni, di farsi giustizia, di placare la sete di vendetta senza incorrere in condanne o accuse di qualsivoglia genere. I “padri fondatori” del nuovo potere in carica hanno ritenuto che gli effetti benefici di questo sinistro e diabolico accordo, che rende il resto dell'anno pacifica e calma come pecorelle ammaestrate ormai la quasi la totalità della popolazione, siano superiori ad ogni altro quesito morale o religioso che, magari a prima vista, renderebbe piuttosto difficile per molti accettare senza opporre qualche perplessità, una soluzione di questo tipo, un compromesso così spregiudicato e devastante.
Ecco dunque che il seguito di The purge, anche stavolta diretto da James DeMonaco, riprende (e potrebbe farlo all'infinito, per cui la minaccia di una serie lunga quanto quella di Saw è assolutamente in predicato o comunque plausibile, considerati anche i successi al box office Usa di entrambe le pellicole) a raccontarci un'altra serata da “libero me, liberi tutti”, in cui a farne le spese sono ovviamente gli umili, gli onesti, i pacifisti, cacciati e braccati, stanati dai loro rifugi come conigli indifesi da cacciatori sadici, ma “solo per una notte”.
Anarchia è un seguito dignitoso e in cui si respira con una certa gradevolezza l'aria un po' di serie “B” che nel primo episodio non si avvertiva, complice probabilmente la presenza, nel primo, di un cast forte di nomi più glamour rispetto a questo.
Tuttavia questa circostanza finisce per divenire una delle qualità più spiccate, evidenti ed apprezzabili di questo Anarchia.
Ecco allora che ci troviamo a seguire le peripezie di una madre e una figlia, salvate da un eroe tenebroso, crepuscolare e taciturno quasi da Far West, dal volto (e fisico) efficace di Frank Grillo, a cui si uniscono una coppia in crisi che si riappacifica grazie anche alla tesa situazione a cui essi vanno incontro e alla drammaticità degli eventi che vengono a definirsi, nella più tipica serata da incubo che si possa immaginare.
Certo,come quasi tutti i sequels, Anarchia appare carente di una propria personalità definita, di un inizio ed una fine compiuti e netti, che non ci sono e non possono inesorabilmente esserci perché da una parte dipendono dal discreto originale capostipite, e inevitabilmente dall'altra da chissà quanti seguiti a cui la produzione deciderà di dare seguito. Un film medio insomma, a cui do una sufficienza convinta (notevole anche la scena dello spettacolo sadico organizzato dalla classe dei ricchi, potenti ed eleganti, una sorta di reality con offerte di beneficenza volte ad aggiudicarsi la preda da massacrare più ambita, da parte di un clan di veri e propri mostri che ricorda, con le opportune diiffereziazioni, i nostri club più altezzosi ed esclusivi presenti in ogni città, quelli dei ricchi che fanno beneficenza per lavarsi la coscienza), ma nulla di più; un thriller con un cast da serie “B” che risulta efficace e pertinente, assieme ad una ambientazione metropolitana da incubo che aspira e guarda (inutilmente ) a Carpenter e ai suoi capolavori da incubo più ossessivi e inquietanti, molto spesso pure loro ambientati in quartieri degradati in piena notte.
Ieri, in un giovedì estivo di costante e risaputa carenza di offerta cinematografica, e primo giorno di programmazione della pellicola, nella sala multiplex in cui si svolgeva la proiezione a cui mi sono rivolto, un folto gruppo di rumorosi e spesso poco educati giovani affollava le file, ruminando popcorn e tracannando bibite gassate, rumoreggiando divertiti ed incuranti di arrecare disturbo.
Mi chiedo cosa succederebbe se al posto di questo filmetto medio (o del suo capostipite), i distributori si fossero decisi, senza grandi sforzi di coraggio peraltro, a distribuire il magnifico thailandese (ma anche stilisticamente molto occidentale) The Raid e il suo ancor migliore seguito The Raid 2: due film che assicurerebbero il pienone nelle calde e spensierate serate estive, accontentando, almeno per una volta, contemporaneamente cinefili e bande di giovinastri gretti e caciaroni, sempre troppo convinti che la proiezione cinematografica necessiti dei loro spiritosi ed azzeccati commenti, ovviamente (almeno per loro) irresistibili e brillanti a tal punto da necessitare la condivisione di tutta la platea.
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