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Still Alice

Regia di Richard Glatzer, Wash Westmoreland vedi scheda film

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La recensione su Still Alice

di supadany
8 stelle

Il filone dei film sulle malattie è sempre florido, un pozzo sicuro dal quale attingere, ma Still Alice non è una semplice copia carbone che va a far numero.

Primo perché affronta un (enorme) disagio sociale poco battuto, in secondo luogo per il metodo, ossia perché colpisce senza esagerare nella ricerca della mera condivisione sentimentale, tallonando la protagonista con cura, senza invadere eccessivamente gli spazi già ricolmi della sua sempre maggiore assenza.   

Alice (Julianne Moore) è un’apprezzata insegnante di linguistica, moglie e madre sempre attiva che vede il suo impeccabile equilibrio crollare quando le viene diagnosticata una rara forma di Alzheimer, precoce ed ereditario.

All’inizio cerca di tenere tutto nascosto, ma è solo questione di tempo; successivamente il suo impegno verterà sulla lotta day by day per tentare di proteggere la sua identità.

 

Julianne Moore

Still Alice (2014): Julianne Moore

 

Che un film del genere arrivi a toccare le corde del cuore non è una novità, che ci riesca con efficacia è un merito fino a un certo punto, ma ciò che fa la differenza sono il metodo e la cura che porta in evidenza i dettagli, anche i più duri.  

Il percorso è perseguito con estrema attenzione, snocciola dati clinici con freddezza tipicamente medica, comporta implicazioni, come quelle genetiche dalle quali scaturiscono sensi di colpa che annientano, demarca posizioni e segnala, anche visivamente, vuoti, improvvisi o semplicemente nuovi, difficili da interpretare o anche solo ricevere.

A questo, vanno aggiunti i ricordi da trattenere, i pezzi di una vita che si perdono per strada, gli elementi che formano gli individui, così come l’intelligenza e le emozioni, tutto viene spazzato via senza una possibile alternativa e l’identità intellettuale del personaggio incrementa l’aggravio percettivo.

Tutto è rivolto al pedinamento della protagonista che è encomiabile, un processo a tappe ma scrupoloso, mentre il marito e i tre figli ricoprono posizioni differenti, rimarcando il riquadro in tutte le sfumature possibili. 

Altro elemento fondamentale è comunque la malattia stessa; Aids e cancro sono da tempi immemori oggetto di tanti film, le malattie neurologiche invece sono raramente citate nel cinema, almeno come tratto portante.

Eppure si dimostra che, qualora possibile, c’è ancora più materiale da sviluppare, forse è che, come si dice nel film stesso, richiamano una presa di posizione differente nel comune sentire come se ci fossero malattie incurabili di serie A e B.

In questo racconto, Julianne Moore è gigantesca (diciamolo, un Oscar senza macchia), di rara intensità anche nell’assenza che avanza, mentre Alec Baldwin, Kate Bosworth – il cui personaggio è, almeno fuori campo, altrettanto tragico – e Kristen Stewart, la cui riconosciuta distanza diventa utile, sono complementi affidabili.

Per il resto, direi che, soprattutto nelle fasi finali, Still Alice mostra, con lucida commozione, il senso massimo di smarrimento, quando nemmeno l’individuo è più in grado di attuare ciò che si è programmato di fare una volta raggiunto il punto di non ritorno (che è poi la vetta d’autore), quando si perde se stessi diventando inermi.

Un racconto devastante, lucido e partecipato, senza appesantimenti forzati.

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