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Still Alice

Regia di Richard Glatzer, Wash Westmoreland vedi scheda film

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La recensione su Still Alice

di pippus
9 stelle

 

Apprezzo particolarmente i film che stimolano la riflessione sull'eterea precarietà dell'essere.

Glatzer e Westmoreland sono stati maestri nel dirigere in modo mai patetico e senza mai cadere in facili sentimentalismi. Allo spettatore la vicenda tratta dal bel libro “Perdersi”, della neuroscienziata Lisa Genova, viene proposta con discrezione seguendo un repentino susseguirsi di eventi - resi in prima persona da una superba Julienne Moore – che sembrano non lasciare il necessario tempo di sedimentazione non solo alla coinvolta in prima persona, ma nemmeno ai componenti la sua famiglia.

Il marito John (un ottimo Alec Baldwin), nonostante le apparenze mal riesce, se non nelle ultime fasi, a non pensare egoisticamente alla sua carriera a riprova di quanto non sia facile “entrare” totalmente nella situazione per chi ne è oggettivamente fuori, seppur nell'ambito dei famigliari più stretti.

Una prima impressione positiva l'avevo avuta alla presentazione del film in Italia ma,

ancor più, mi è piaciuta la seconda visione, forse suggestionato dalla scomparsa prematura, il 10 marzo, di uno dei due registi, Richard Glatzer, a causa della SLA diagnosticatagli nel 2011. Pare che durante le ultime fasi delle riprese, Glatzer comunicasse con il cast e con la troupe per mezzo di un ipad. Di sicuro questa situazione assolutamente toccante e particolare ha influito non poco sul modo di dirigere, e presumo che, allo stesso modo, dovrebbe influire - come peraltro sul sottoscritto - sullo spettatore dopo che questi ne abbia preso atto.

Julianne Moore

Still Alice (2014): Julianne Moore

L'opera si presenta già dopo i primi minuti tragicamente profonda nell' introdurci gradualmente all'interno della metamorfosi psichica della dottoressa Alice. Tra l'altro nel film – per ovvi motivi commerciali oltreché di fedeltà allo stesso libro da cui è tratto - la protagonista è appunto un' illustre docente universitaria con tanto di pubblicazioni a livello mondiale, ma le riflessioni che ne scaturiscono, e che la regia intende veicolare, sarebbero e dovrebbero essere le stesse anche se la vicenda riguardasse una qualsiasi mamma di una qualsiasi anonima famiglia, come capita non di rado nella realtà.

E quali sono queste riflessioni? Chiaramente esporrò le mie e, premetto, come in altri film sul tema (Mare Dentro, Biutiful, Le Invasioni Barbariche, The Tree of Life e altri) ne scaturiscono inevitabilmente, pur nella diversità delle vicende, meditazioni metaforiche che evidenziano il loro inscindibile legame con la spiritualità. Pensando allo status della famiglia di Alice, non si può non pensare – senza peraltro esprimere giudizi - ad alcune teorie orientali sull'intrinseca profondità dell'essere troppo spesso obnubilata dall'eccessiva rilevanza data alle attività lavorative nelle civiltà consumistiche occidentali, le quali,inevitabilmente, si ritrovano poi impreparate di fronte a simili imprevedibili eventi (la solita irrisolta diatriba del vivere per lavorare anziché lavorare per vivere).

In effetti la stessa riflessione propende per un pensiero escatologico inteso come interrogazione sul destino ultimo dell'uomo tenendo ben presente, quando capitano casi come quello di Alice, quanto sia effimera una discreta percentuale di ciò che sta alla base della società consumistica globalizzata. Tutto crolla come un castello di carte alla minima vibrazione, e l'Alzheimer è un terremoto che scuote, in misura diversa ma mai lieve, ogni famiglia coinvolta e che fino a quel momento a tutt'altro pensava. Ho scritto effimera, e in effetti tale aggettivo ben si confà a tutto ciò che fino a quel momento sembrava avere un'importanza di un certo calibro, a partire dalle belle case alle belle auto, fino ai blasonati oggetti status simbol, tutto istantaneamente azzerato. Si prende atto di perdere beni ben più preziosi, quali la conoscenza prima, e la coscienza poi. Si perde praticamente tutto ciò che fino a quel momento ci differenziava dalle altre creature del regno animale; si potrebbe affermare che, in pochi anni, si perde ciò che l'evoluzione, nell'arco di tre o quattro milioni di anni, ci aveva permesso di avere in un processo che, iniziando dal Ramapiteco, arriva all'Australopiteco passando poi per Neanderthal e, in ultimo, al Cro Magnon! Senza preavviso Alice subisce un recesso cognitivo in grado di trasformarla totalmente fino a riportarla nella condizione neonatale. La malattia, con il suo subdolo esordio, ha lentamente fagocitato la sua coscienza resettando giorno dopo giorno le sue sinapsi, mentre lei, altrettanto lentamente ma in modo inverso, di tale evoluzione ne era sempre meno cosciente.

Julianne Moore, Alec Baldwin

Still Alice (2014): Julianne Moore, Alec Baldwin

Opportunamente l'epilogo viene lasciato alla nostra fantasia, e il duo registi/sceneggiatori ci lascia con la parola “amore” a suggello del conforto famigliare che accompagnerà le ultime fasi di Alice dopo che il piano di quest'ultima, per la propria "auto eutanasia", è

fallito miseramente e un po' forzatamente nonostante l'accurata predisposizione a priori (confesso che personalmente avrei preferito un successo dell'iniziativa).

A questa opinabile chiave di lettura aggiungo, come più sopra riportato, l'ottima prestazione di tutto il cast con il meritato Oscar per la protagonista. Da sottolineare poi l'altrettanto valida sceneggiatura/regia che ha ottimamente reso sullo schermo l'odissea esistenziale della vicenda alla quale non possiamo non collegare il nostro pensiero per la stessa odissea vissuta realmente da Richard Glatzer.

 

 

 

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