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Anomalisa

Regia di Duke Johnson, Charlie Kaufman vedi scheda film

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La recensione su Anomalisa

di alan smithee
4 stelle

Uno scrittore di successo, abile a motivare una umanità neutra e senza più appigli vitali che ne differenzino le attitudini, riscopre il piacere di vivere e l'emozione sessuale e sentimentale, durante un suo soggiorno in albergo prima di un convegno. Scherzo elaborato o incubo inquietante? Forse nessuno dei due, purtroppo.

FESTIVAL DI VENEZIA 2015 - CONCORSO - GRAN PREMIO DELLA GIURIA

Era lecito aspettarsi qualcosa di "anomalo" dalla seconda avventura registica del celebre arguto e sottile sceneggiatore Charlie Kaufman, celebre per script decisamente anticonvenzionali come Essere John Malkovich, Il ladro di orchidee e Se mi lasci ti cancello.

"Anomalisa" è la commistione de nome comune "anomalia" più il nome proprio "Lisa", nel quale riconosciamo una donna che subentra quasi per caso, o comunque all'improvviso, nella vita di un celebre scrittore, noto soprattutto per aver pubblicato un libro a carattere motivazionale, diventato un best seller di fronte ad una popolazione dai tratti decisamente inquietanti e monocordi.

Ma di tutto questo ci rendiamo conto poco per volta, senza che nulla ci venga detto per capire più in fretta la situazione in cui ci troviamo: una umanità monocorde, dove i caratteri e i picchi emozionali, le iniziative e le motivazioni personali soccombono di fronte ad un modo di vivere che prevede un costante pedissequo adeguamento a standard comportamentali schematizzati o predefiniti.

Sarà per questo che tutte le persone, uomini, donne e bambini, hanno il medesimo timbro vocale (maschile)?

Sarà per questo che i volti nascondono un solco che circonda tutto l'ovale del viso, come se il tratto facciale sia una peculiarità aggiunta alla fine ad esseri umani prodotti quasi meccanicamente e differenziati solo in piccoli impercettibili particolari?

Forse si, anzi cvertamente, ma una cosa proprio non si spiega, almeno per me: perché ricorrere all'animazione, che qui in realtà appiattisce tutto e rende impercettibile l'eventualità che l'uomo si in realtà una macchina guidata da un burattinaio che governa le redini del mondo?

E poi a che fine scegliere una storia così intima (il viaggio dello scrittore fino a Cincinnati per un convegno, ripreso dalla sera della partenza in aereo, durante il suo soggiorno in albergo e nell'incontro extra-coniaugale che caratterizza la sua notte di passione - evasione da una vita precostituita e decisamente convenzionale) per raccontarci una storia dai toni orwelliani, ma così inutilmente mascherata da una animazione invero persino goffa.

Pensate poi all'appeal di attori straordinari come Tom Noonan, David Tewlis, e soprattutto Jennifer Jason Leigh impegnati non solo "vocalmente" a impersonare i loro personaggi: non è davvero uno spreco sostituirli da questi burattini inquitanti e inefficaci a rappresentare una umanità raffreddata nei sentimenti?

Insomma questa nuova ambiziosa ma poco comprensibile fatica cinematografica dell'eccentrico scrittore-sceneggiatore, incubo kafkiano più concettuale che concreto, esteticamente inefficace se non azzardato, mi pare davvero piuttosto controversa, ingiustificata, poco riuscita: il Gran premio della Giuria a Venezia 2015 mi sembra davvero un azzardo ingiustificato e non riesco a trovarmi per nulla d'accordo sulla sua assegnazione.

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