Regia di Giorgos Lanthimos vedi scheda film
Yorgos Lanthimos si conferma un regista da seguire anche con "The lobster", realizzato in Inghilterra dove si è trasferito da alcuni anni. La continuità con i film precedenti è evidente: anche qui il regista greco ci propone una satira di tipo distopico su una società dove l'essere single diviene una colpa inammissibile che può causare la trasformazione in animale selvaggio, e in certe scene si respira la stessa atmosfera surreale ed angosciosa di "Kynodontas", di cui si riprende l'idea del condizionamento alienante, anche se lì la prospettiva era limitata a una singola famiglia, mentre qui è stata allargata ad un'intera struttura sociale. Sicuramente non è un film per tutti i gusti, con bizzarrie grottesche che ricordano il teatro dell'assurdo, ma il discorso viene condotto in maniera coerente e rigorosa. La prima parte nell'hotel è quella più compatta a livello di narrazione e figurativamente più ammaliante, mentre in seguito, col passaggio tra i rivoltosi delle foreste, il film sembra perdere qualcosa nella presa sullo spettatore, con un cerebralismo a tratti indisponente e una minore efficacia nell'analisi delle dinamiche fra i personaggi. Riprende però decisamente quota nella parte finale e le ultime scene risultano strazianti senza calcare troppo la mano sugli effetti emotivi. A mio parere buona la prestazione di Colin Farrell che ha dovuto recitare di sottrazione ma ha saputo ugualmente caratterizzare il personaggio nella sua inconciliabilita' con un mondo di cui non comprende le logiche; bene anche Rachel Weisz che però appare solo a metà film, con un ruolo restituito con apprezzabile intensità, mentre fra i caratteristi si distingue soprattutto Ben Whishaw nella parte dell'uomo zoppo. Opera straniante e impegnativa, "The lobster" può entrare di diritto nel novero dei film Orwelliani della storia del cinema.
Voto 8/10
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