Regia di Giorgos Lanthimos vedi scheda film
Il salto oltre i patri confini, quelli greci, e il lavoro che si fa, quindi, più delicato, con budget e attori più importanti, avrebbe potuto danneggiare il Cinema davvero unico del grande regista greco. La notizia più importante è, invece, che Lanthimos sta proseguendo con il suo personale discorso cinematografico, così ricco di allegorie e riflessioni sull'essere umano e sul suo linguaggio, parlato e corporeo. Anche in "The Lobster", quindi, si torna nel suo mondo distopico, nel suo teatro dell'assurdo, che tramite l'estremizzazione delle sue storie, cerca un suo linguaggio personale su temi mai banali. La vicenda di quest'uomo, un bravissimo, minimale, Colin Farrell, ci porta in mezzo al guado, in una specie di lotta fra l'individualismo dei "solitari" e la necessità politica, di regime, dell'altra visione, quella degli "accoppiati". Una società misteriosa, in cui chi non ha una compagna o un compagno, viene prelevato a forza, chiuso in un hotel e obbligato a trovare l'anima gemella entro 45 giorni, pena il tramutamento in animale a scelta. Farrell è uno di questi, ma si ritroverà presto con la "resistenza", che vive nei boschi e non permette, viceversa, l'innamoramento. Un gioco complesso e affascinante, fra humour nero e malinconia, fra orrore latente e Bunuel, che non tradisce per nulla il tipico Cinema di Lanthimos. La visione è lunga, quasi due ore, ma il fascino che la pellicola emana, le sue anse misteriose, mai spiegate, il tentativo di un amore in un mondo dove se l'amore esiste è finzione e dove se è reale è punito con severissime pene corporali, tiene desta l'attenzione fino a un finale aperto e piuttosto arcano. Un film non per tutti, bisogna dirlo, per nulla accondiscendente, ma che merita attenzione. Ognuno, ne sono sicuro, avrà la sua idea sul messaggio che Lanthimos ha voluto rappresentare. E il Cinema, quando è importante, porta proprio a questo.
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